Ventisei alzate di mano, ventuno miliardi di euro e una promessa: potrebbe non finire qui. L'Europa è passata ai fatti e ha approvato i controdazi per rispondere alle tariffe di Donald Trump su acciaio e alluminio. Scatteranno in tre tranche, la prima sarà il 15 aprile.
Ma per l'Europa non hanno rappresentato una chiusura ai negoziati, bensì una posizione strategica con cui sedersi al tavolo con gli americani. "Siamo pronti a sospenderli se ci sarà una intesa equa", ha sottolineato la Commissione. Ed è una mossa che, si ragiona in ambienti europei, ora potrebbe aver seguito concreto.
Lo stop di 90 giorni ai dazi deciso da Trump costituisce, per Bruxelles, quel "reale impegno" che finora era mancato. Restare a braccia conserte, mentre Oltreoceano il presidente americano ancora nelle scorse ore irrideva i potenziali negoziatori, era troppo anche per Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione tuttavia, non ha abbondato la strategia delle più fasi. Ha dato il via libera a delle contromisure che rispondono all'offensiva commerciale di Trump su acciaio e alluminio (risalente a marzo), ma non alla tempesta scatenata dalla Casa Bianca il 2 aprile.
L'ennesimo coup de theatre di Trump, con lo stop ai dazi reciproci varati anche contro l'Ue, non ha riguardato quindi, le tariffe settoriali precedentemente varate dalla Casa Bianca. Per questo, da Bruxelles, si predica calma, senza inseguire i colpi di scena che si registrano alla Casa Bianca.
Anche perché, dei quattro allegati che compongono la lista dei dazi europei solo il primo elenco sarà operativo il 15 aprile. Il secondo e il terzo allegato saranno effettivi il 16 maggio, il quarto il primo dicembre. Tradotto: con una mano tesa da Washington, la scaletta delle tariffe potrebbe essere dilazionata o sospesa. E, in ogni caso, la somma totale delle contromisure approvate non è ciclopica: in totale sono quasi 21 miliardi. La Commissione ha quindi seguito la strategia pensata alcuni giorni fa, approvando come previsto la sua prima risposta concreta a Trump.
I controdazi ai prodotti Usa sono stati votati secondo la procedura della Comitatologia, che prevede la partecipazione di rappresentanti tecnici dei 27. Il voto, però, era più che mai politico. In tarda mattina era spuntata l'idea di approvare le misure per consenso, evitando così di esporre i singoli Paesi contrari. Non è andata così. In ventisei hanno alzato la mano, l'Ungheria no. "Bruxelles sta peggiorando la situazione", ha attaccato Budapest allargando il fossato che la separa da Palazzo Berlaymont.
Nessuno, infatti, ha seguito Viktor Orban, che ora rischia di restare lui stesso disorientato dalle giravolte dell'alleato americano. La composizione delle liste di prodotti americani da tassare è stata il frutto di un delicato 'manuale Cencelli' dei dazi, con von der Leyen impegnata a non scontentare nessuno.
I primi a scattare, il 15 aprile, sono di fatto quelli messi in campo dalla commissione Juncker e poi sospesi. Colpiranno prodotti iconici come le Harley, Levi's o burro di arachidi. Ma anche mirtilli rossi, mais dolce, sigarette e tabacco da masticare. Sempre che le tariffe diventino effettive. Da qui al 15 aprile, con Trump alla Casa Bianca, tutto può cambiare. E la Commissione, in questi giorni, sta cercando di lanciare soprattutto un messaggio: gli Usa di Trump non sono affidabili, l'Europa sì. Lo ha detto, ad esempio, ai membri della Camera di Commercio americana che a Bruxelles hanno visto i vertici comunitari. "Investite in Europa, stiamo anche semplificando le regole e approfondendo il mercato unico", ha rimarcato von der Leyen ribadendo lo stesso concetto che, da più di un mese, va ripetendo ovunque: negoziare conviene a tutti, inasprire le tensioni no.
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