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L'Aquila, chi torna nel centro?

L'Aquila, chi torna nel centro?

Una ricostruzione ancora a due velocità, a 9 anni dal terremoto


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Da un lato meraviglie che si svelano dopo i restauri, una città rinascimentale e barocca che viene fuori, dall'altra l'assenza di residenti in un centro storico ancora cantiere, scuole e palazzi pubblici non ricostruiti

di Enrica Di Battista


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   Luci e ombre si proiettano sulla ricostruzione dell'Aquila a nove anni dal terremoto del 6 aprile 2009. Da un lato procede, anche spedita considerando le difficoltà di ricostruire un grande centro storico come il capoluogo abruzzese, la ricostruzione di palazzi storici e delle chiese, è conclusa quella delle periferie e, seppur tra mille difficoltà e distinguo, procede quella dell'edilizia privata. Dall'altro c'è il grave ritardo delle scuole non ancora ricostruite, come già evidenziato lo scorso anno, e della ricostruzione pubblica praticamente al palo.

   Soprattutto a causa delle difficoltà di vivere in un centro che è ancora un megacantiere, il più grande d'Europa, i residenti non tornano nei palazzi ristrutturati del centro, che dunque è ancora fantasma: abitato da pochi pionieri, frequentato la notte dagli studenti amanti della movida nei locali notturni che hanno aperto dopo il terremoto, luogo di passeggio nel fine settimana per gli aquilani nostalgici e per i turisti.

   Ma non c'è solo il problema del centro dell'Aquila: molte frazioni e altri Comuni del cratere sono più indietro nella ricostruzione e, contando su una minore risonanza rispetto al capoluogo, sono a maggior rischio di oblio. La domanda tragica per la sopravvivenza di tutti questi centri storici, L'Aquila come i borghi, è: chi ci tornerà?

I simboli dell'Aquila che tornano a splendere

L'interno della Basilica di Collemaggio dopo la ristrutturazione
L 'interno della Basilica di Collemaggio dopo la ristrutturazione - RIPRODUZIONE RISERVATA

C'è un gioiello dell'arte, il simbolo dell'Aquila, che è ritornato a splendere e che getta speranza sul futuro. E' la Basilica di Collemaggio, con la sua pietra candida più bella di prima, tornata a custodire le spoglie di papa Celestino V. "E' il nostro orgoglio, per velocità e qualità di un restauro terminato in due anni, un mese e mezzo prima del cronoprogramma", racconta la Soprintendente Unica per L'Aquila e il cratere Alessandra Vittorini, architetto al lavoro con grande passione dal 2012 nel capoluogo d'Abruzzo. "Sono già in programma matrimoni, gli aquilani hanno un gran voglia di tornare nei loro luoghi", racconta la Vittorini.

Torna anche la vocazione turistica del territorio se di recente Skyscanner, sito internazionale di viaggi, ha inserito L'Aquila tra le 18 città italiane da visitare nel 2018 proprio per la Basilica di Collemaggio appena restaurata.

Facendo un rapido excursus sullo stato dell'arte, oltre a ciò che è già stato restaurato, non si può tralasciare la Chiesa delle Anime Sante, i cui lavori di ricostruzione procedono, con il contributo economico della Francia, e hanno già dato come risultato il rifacimento della cupola crollata in diretta televisiva durante una delle forti scosse di assestamento. A Palazzo Ardinghelli, prossima sede del Museo MAXXI, i lavori sono praticamente completati, grazie al finanziamento della Russia. Al Teatro Comunale il cantiere procede. I lavori sono in corso nella chiesa di San Domenico. La Fontana luminosa è già da tempo tornata come prima del sisma ed è quasi finito un altro gioiello, la Chiesa-Teatro di San Filippo

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L'Aquila, i luoghi simbolo tra 2009 e 2018

L'Aquila, la Chiesa delle Anime Sante: lavori in corso, la cupola restaurata (Credit photo Enrica Di Battista)
L 'Aquila, la Chiesa delle Anime Sante: lavori in corso, la cupola restaurata (Credit photo Enrica Di Battista) - RIPRODUZIONE RISERVATA

In questa galleria alcune immagini dell'Aquila oggi e in alcuni scatti gli accostamenti dal 2009 ad oggi.

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Il centro storico dell'Aquila ancora fantasma

L'Aquila nel 2018
L 'Aquila nel 2018 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nel centro storico dell'Aquila, dove il 70% degli edifici è vincolato dai Beni culturali, la ricostruzione di questi palazzi sotto l'egida della Soprintendenza è avanti, quasi ultimata. Mancano da finire le case non vincolate. Detto ciò, in molte zone del centro i palazzi sono ancora puntellati come nel 2009, basti pensare alla zona del quarto di San Pietro.

Purtroppo però, anche nei palazzi finiti, tardano a rientrare i residenti perché è difficile vivere in un megacantiere. Le poche attività commerciali che hanno riaperto lungo il corso hanno grandissime difficoltà e pochi clienti.

Per questo si obietta da più parti la mancanza di una "regia" nella ricostruzione. Con il Comune a guida Cialente era stata privilegiata la ricostruzione dell'asse centrale (il Corso e le vie adiacenti), per ridare il prima possibile ai cittadini una parte di città ricostruita. Ed effettivamente lungo il corso la città, almeno a livello architettonico, rinasce. Quello che manca è la vita reale.

Nel giugno 2017 si è insediato il sindaco Pierluigi Biondi. Il primo cittadino ha tenuto per sé le deleghe della Ricostruzione, a lui dunque l'arduo compito di dare impulso alla rinascita. Oggi, in un centro storico che è ancora il più grande cantiere d'Europa, si trovano splendidi palazzi finiti e abitabili accanto ad altri dove fervono i lavori, edifici puntellati e scavi di sottoservizi (il tecnologico e innovativo tunnel sotterraneo, di cui abbiamo scritto ampiamente negli anni scorsi, per il passaggio di tubi dell'acqua, cavi della luce, ...). Insomma è chiaro che, tra le polveri e i rumori, abitare o avere un negozio in un cantiere non è facile. Inoltre, a parte i molti bar, mancano i servizi: se apre un nuovo negozio non ha ancora clienti e se adesso si trasferisce in centro un residente deve prendere l'automobile e percorrere chilometri per comprare qualcosa.

Più ancora del centro storico dell'Aquila stentano frazioni e Comuni del cratere sismico. Qui entrano in gioco diversi attori della ricostruzione, come i Comuni e la Diocesi, e altre problematiche come l'alta percentuale di seconde case e a volte poche abitazioni di residenti. Questo vuol dire che c'è anche un diverso regime di indennizzo perché le prime case vengono finanziate al 100%, le seconde solo in parte. Quella del rientro delle persone in queste case, infatti, è e sarà la fase più difficile del dopo terremoto, una grande sfida.

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Scuole e ricostruzione pubblica al palo

L'Aquila nel 2018, la scuola De Amicis in centro
L 'Aquila nel 2018, la scuola De Amicis in centro - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il grave ritardo che L'Aquila trascina da anni riguarda le scuole. Le materne e le primarie, nonostante almeno 44 milioni siano disponibili dal 2013-2015, dopo nove anni sono ancora nei MUSP, i moduli ad uso scolastico provvisorio, in pratica container, allestiti nell'emergenza per il rientro a scuola degli studenti a settembre 2009. L'ANSA aveva descritto la situazione già nel reportage di un anno fa.

La scuola De Amicis, un simbolo dell'Aquila, quella che era stata scelta dalle cantanti Amiche per l'Abruzzo come destinazione della loro raccolta fondi, è ancora ferma, "sub iudice" per ricorsi e controricorsi delle ditte. Entro maggio dovrebbe arrivare la sentenza.

Solo in un caso sono cominciati i lavori, presso la Mariele Ventre di Pettino, e nella frazione di Arischia si procederà in tal senso a breve. "Abbiamo sbloccato noi questi lavori", tiene a precisare Guido Quintino Liris, vicesindaco e assessore alle Opere Pubbliche dell'Aquila con la nuova giunta Biondi (che si è insediata a giugno 2017). "Per il resto siamo fermi per vari motivi. Quello delle scuole non ricostruite è il nostro cruccio. Quando siamo arrivati noi la ricostruzione pubblica era all'anno zero, anche perché - sostiene Liris - negli uffici tecnici comunali c'era una distribuzione di organico del tutto sbilanciata sulla ricostruzione privata, a svantaggio della pubblica. In questo modo cinque tecnici da soli più di tanto non riuscivano a fare. Inoltre c'è un problema che il Governo deve sbloccare: qui all'Aquila come in altri territori terremotati non si può procedere per la ricostruzione pubblica con le stesse norme valide a livello nazionale. Bisogna semplificare, facilitare gli appalti. Devono partire le opere, poi si possono anche militarizzare i controlli in corso di lavori, altrimenti non si uscirà dal pantano in cui siamo per le opere pubbliche. Con il 70% dei palazzi vincolati dai Beni culturali, serve un sistema straordinario o emergenziale per procedere".

A nove anni dal terremoto e in un territorio a rischio sismico che non ha mai smesso di tremare, sono state fatte le verifiche di vulnerabilità delle scuole? Anche qui ci si aspetterebbe di meglio. Sulla base dei primi risultati giunti il sindaco Biondi ha dovuto chiudere due scuole, ad Arischia e Preturo (per dati di vulnerabilità sullo zero, quindi ad alto rischio). Le verifiche erano però eseguite da società diverse, con metodi differenti. I dati quindi erano da uniformare, afferma Liris, e così abbiamo incaricato l'Università dell'Aquila di fare una regia e coordinare i risultati. "Gli indici che adesso stiamo ottenendo sulle scuole sono superiori allo 0,6 e quindi li riteniamo abbastanza rassicuranti. Certo non è un valore come 1, che sarebbe l'optimum. Sulle due scuole chiuse si dovranno fare nuove verifiche con i parametri uniformati".

"La situazione è anche peggiorata dal 2017 - afferma Massimo Prosperococco del Comitato Scuole Sicure AQ -. Per quanto concerne le scuole superiori, le verifiche di vulnerabilità hanno dato esiti bassissimi. I nuovi requisiti chiedono indici minimi dello 0,6 ma in molti istituti siamo al di sotto. La metà degli studenti del liceo Cotugno è stata 'spacchettata' in altri istituti perché in parte l'edificio è stato chiuso per mancanza di requisiti. La definiamo una situazione 'spezzatino', con docenti che lamentano problemi a livello didattico, per la mancanza di laboratori. Ci preoccupa poi la situazione delle scuole comunali in quanto la metà è ancora senza verifiche e quindi non sappiamo come queste strutture si comporterebbero in caso di nuovo forte terremoto. La Dante Alighieri, per esempio, che è la scuola più grande con 600-700 studenti".

Il termine di legge per eseguire le verifiche di vulnerabilità scade nell'agosto 2018. Sarebbe davvero poco virtuoso, in una città che ha vissuto un dramma come quello dell'Aquila, sperare in un'ulteriore proroga dal momento che tali esami si sarebbero dovuti fare - così come in tutta Italia - già dal 2003, all'indomani della tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia. L'Università dell'Aquila, d'altro canto, ha fatto le verifiche sui propri edifici, risultati a norma. 

Inoltre, prendendo ad esempio un polo scolastico aquilano come quello di Collesapone, che conta 7-8 scuole dislocate in un raggio di centro metri, con 2500 studenti e 800 professori, non è mai stata fatta la prova di evacuazione degli studenti, fa sapere Prosperococco. Cosa succederebbe, in emergenza e senza sapere cosa fare, se uscissero migliaia di studenti e arrivassero in contemporanea migliaia di auto di genitori nel panico?

Il problema è che "ad oggi ancora non vengono neppure individuate le aree dove ricostruire le nuove scuole. Siamo in alto mare e non vediamo il punto di arrivo, fossero pure 5 anni di cantieri. Il paradosso aquilano - conclude Prosperococco - è che noi dal 2013 abbiamo i soldi per ricostruire gli istituti scolastici ma non la capacità di spenderli. Questa è la grossa carenza della politica italiana. Una città che dovrebbe essere di esempio al mondo non ha ancora ricostruito le scuole, che sono il mattone della società".

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La sicurezza sismica degli edifici storici

L'Aquila nel 2018
L 'Aquila nel 2018 - RIPRODUZIONE RISERVATA

E' ormai verificato che, dopo un terremoto, le comunità introiettano una sfiducia nelle tecniche costruttive tradizionali e un interesse verso nuove tecnologie, spesso neanche idonee. Questo porta un abbandono delle tecnologie tradizionali o dello stesso patrimonio. Eppure c'è un pregiudizio da sfatare: all'Aquila sono crollate, facendo molte vittime, abitazioni e palazzine fatte male in cemento armato, più che palazzi storici, fa notare la Soprintendente Vittorini.

Il centro dell'Aquila, almeno per quello che oggi è ricostruito, è un patrimonio storico sicuro? "La prova del nove sulla sicurezza degli edifici del centro - replica l'architetto - sono stati i tre forti terremoti del Centro Italia, con epicentro a distanza di pochi chilometri dall'Aquila. Abbiamo avuto uno stress-test in casa e non c'è stata una situazione di criticità neanche nei lavori in corso, come all'interno della Basilica di Collemaggio".

L'architetto Maria Alessandra Vittorini in questi ultimi due anni ha portato l'avanzata esperienza aquilana - in termini di ricostruzione di un immenso patrimonio culturale - in occasioni di confronto all'estero, come in convegni a Parigi e Istanbul, dove L'Aquila era unico caso europeo tra esperienze di catastrofi di vario tipo da tutto il mondo. All'Aquila inoltre giungono anche delegazioni dall'estero, perfino dal Giappone, per studiare la ricostruzione in chiave antisismica dei beni culturali, particolare davvero unico.

I restauri e gli scavi di questi anni hanno portato continuamente alla luce sepolture e corredi funerari, necropoli, scoperte nei palazzi, una città barocca che viene fuori. L'Aquila, città ricostruita nei secoli dopo i numerosi terremoti, è affascinante per gli strati medievali, rinascimentali e barocchi che riemergono come gli antichi strati di Troia.

"Bisogna uscire dalla frenesia dei tempi, della macchina 'tritapratiche' - auspica l'architetto -, e far conoscere tutto questo. Spesso sono burocrazia e contenzioni che bloccano il rientro nei palazzi o l'avvio dei cantieri, non i tempi dei progetti, che invece hanno la loro importanza. Rischiamo, focalizzandoci solo sui dati che pure sono importanti, che questa città sottovaluti il patrimonio culturale che ha e che ha ri-trovato".

La Soprintendenza ha sollecitato una Commissione sulla destinazione dei futuri spazi pubblici dell'Aquila. "Una città così meravigliosamente ricostruita - conclude la Soprintendente - , con queste facciate di pietra bianche, non può mancare di decoro nelle insegne dei negozi, nella cartellonistica stradale, nei gazebo o nei dehors dei bar. La pavimentazione del centro deve essere adatta al luogo. Anche perché si tratta di soldi pubblici e bisognerà dimostrare di averli spesi bene". 

Ma questo non è un tema immediato, visti i tempi ancora lunghi per la ricostruzione di tutto il centro. La sfida intanto è riportare la gente a vivere le case e gli spazi restaurati.

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