di Giovanna Chirri
Otto 2013, papa Bergoglio va a Lampedusa e lancia in mare una corona di fiori, in ricordo di chi è morto mente tentava di raggiungere una nuova possibilità di vita. Autorità civili ridotte al minimo, il vescovo che tutti chiamano don Franco, la sindaco Giusi Nicolini quasi incredula che un papa si occupi di Lampedusa. Papa Francesco mette i profughi - i più poveri dei poveri della terra - al centro della agenda del suo pontificato, li prende dalla periferia del mondo e li rende centro delle preoccupazioni della sua Chiesa. ''Siamo una società - dice Bergoglio celebrando la messa su un altare fatto dai legni dei barconi degli scafisti - che ha dimenticato l'esperienza del piangere, del 'patire con': la globalizzazione dell'indifferenza''. ''Oggi - chiede a proposito dei morti in mare - ha pianto qualcuno nel mondo per questi fratelli?''. In questi due momenti a Lampedusa c'è già con tutta evidenza gran parte della teologia di papa Bergoglio. Per il gesuita latinoamericano salito al soglio di Pietro infatti, la periferia è un concetto teologico. E la misericordia di cui ha oggi più che mai bisogno il mondo, a immagine della misericordia di Dio, implica la capacità di soffrire con l'altro, farsi carico del suo dolore. Periferia e misericordia dunque prima di essere un programma pastorale o sociale sgorgano direttamente da una "teologia della prossimità" tipica del nuovo Papa. La prossimità e la capacità di vivere lo stesso dolore dell'altro, dalla teologia tentano già di passare alla pastorale, per esempio quando riflettendo sui divorziati risposati esclusi dai sacramenti, il concistoro in preparazione del sinodo sulla famiglia ascolta dal Papa e dal relatore cardinale Walter Kasper l'invito a farsi carico del dolore dei matrimoni falliti, a far entrare questo dolore nella comunione della Chiesa, nella vita della Chiesa. La famiglia, non solo per i divorziati risposati, è banco di prova per una Chiesa inclusiva, che accoglie e perdona, una Chiesa che non è una "dogana" dove si contrappongano divieti a ogni situazione vitale, secondo una "casistica" rigida. Anche l'opzione per i poveri è concetto teologico: il Papa, nella Evangelii Gaudium, ma non solo, dato che lo dice quasi quotidianamente, afferma che tutto il cammino della redenzione è segnato dai poveri e invoca una corresponsabilità per il bene comune di tutti. I poveri fronteggiano l'avanzare di un nuovo paganesimo individualista, un paganesimo che non di rado veste anche abiti ecclesiastici, quando la "mondanità spirituale" corrompe la Chiesa. Così i concetti teologici di periferia, prossimità e poveri convergono nel sogno del Papa di una Chiesa con le porte aperte che vada incontro all'uomo a partire dalle periferie materiali e spirituali. Una Chiesa capace di denunciare la "cultura dello scarto", farsi carico dei tanti "scarti", che sono i più deboli e fragili, capace di indignarsi se il mondo accoglie come una tragedia la variazione di un punto percentuale in Borsa e ignora un anziano che muore per fame. E' questa teologia dei poveri che innerva il messaggio papale sulla economia mondiale e sulla pace. La teologia di papa Francesco, ha osservato il confratello gesuita Giampaolo Salvini, "rivela la sua radice latinoamericana": "la preoccupazione della teologia e della pastorale circa la "efficacia concreta, nella storia, dell'annuncio evangelico". Anche quando trattano di cosa fare, i teologi europei secondo i latinoamericani, ricorda padre Salvini, discutono su cosa sarebbe opportuno fare, non fanno". "E' quindi un invito alla concretezza della fede - spiega Salvini - quello che papa Francesco, argentino, rivolge ai fedeli di tutto il mondo". ([email protected])