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Un Samaritano nel cantiere di Dio

Primo anno tutto in 'gesuita,latinoamericano, di nome Francesco'

04 marzo, 19:26
20 marzo 2008, mostra arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, durante la santa celebrazione del giovedi' tenuta con i poveri e tossicodipendenti, a Buenos Aires 20 marzo 2008, mostra arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, durante la santa celebrazione del giovedi' tenuta con i poveri e tossicodipendenti, a Buenos Aires
Un Samaritano nel cantiere di Dio

di Giovanna Chirri

Con il primo gesuita a diventare Papa, l'interiorità, e la necessità di conoscere Dio non "per sentito dire", incontrandolo nel mondo che è "cantiere di Dio", giungono nel cuore del papato. Con il primo pontefice latinoamericano della storia della Chiesa la tensione verso una fede concreta che incida sul quotidiano delle persone e dei popoli, e lo sguardo del sud del mondo su religione, cultura e politica, acquistano cittadinanza nel centro del cattolicesimo. Con il primo pontefice che ha scelto di chiamarsi Francesco, la Chiesa vuole diventare "dei poveri" nel desiderio e nelle scelte del suo leader, che non possono non condizionare la gerarchia, emarginando carrierismi e mondanità spirituale. Gesuita, latinoamericano, di nome Francesco. Sta tutto qui il senso del primo anno di papa Bergoglio, e qui si comprendono le scelte concrete che vanno dipanandosi, dalla decisione di istituire una commissione mondiale di monitoraggio sugli abusi dei preti sui bambini, all'obiettivo di una nuova costituzione sulla curia che vuol dire riforma profonda della Chiesa, alle tante decisioni per continuare il cammino verso la trasparenza economicofinanziaria avviato da Benedetto XVI. Tra pressioni della cronaca, - non sempre edificante a livello giudiziario e ecclesiale - e aspirazione profonda di riforma, il primo anno di pontificato ha anche alcuni punti di contatto con il pontificato precedente. Il Concilio resta il cardine tra il grande intellettuale europeo e l'energico pastore e riformatore latinoamericano, che convivono serenamente entro le mura Leonine. Ce la farà papa Francesco? La stessa domanda che fedeli, non credenti e osservatori si ponevano agli esordi del pontificato si ripropone oggi per i contenuti della riforma, non per l'immagine del papa, verso il quale non accenna a diminuire l'entusiasmo e la simpatia. Credenti e non credenti restano calamitati dallo stile del nuovo papa, dal suo farsi prossimo di tutti, i piccoli e i grandi, più i piccoli che i grandi. Dal suo vivere sulla pelle la misericordia del suo Dio, il Dio del buon Samaritano, che soccorre, sostiene, va incontro a tutti, i vicini e i lontani, i simili e i diversi. Incarnando con assoluta sincerità la vicinanza alle persone, Bergoglio si muove nel cantiere di Dio senza imporre soluzioni precostituite, lasciando che Dio si manifesti nella storia. Non potrà mai imporre niente, agitare nessuna clava, come non ha voluto fare il predecessore, in particolare nell'ultima fase del pontificato. Come la prima sera dalla loggia delle benedizioni, quale vescovo di Roma Bergoglio chiede al suo popolo di benedirlo, mentre si dispone a camminare, a seconda delle necessità, davanti al popolo, in mezzo al popolo, dietro al popolo. Non imporrà niente, ma quando verrà il momento di decidere, le sue decisioni nate da un processo di comunione e inclusivo, avranno forse maggiori possibilità di successo. ([email protected])

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