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ANALISI Chiesa Ratzinger pronta a papa nero?

21 febbraio, 19:51
Giovanna Chirri Giovanna Chirri
ANALISI Chiesa Ratzinger pronta a papa nero?

di Giovanna Chirri


CITTA' DEL VATICANO - Diciannove novembre 2011, Benin. Una folla festosa lungo i chilometri da Cotonou a Ouidha accoglie Benedetto XVI, papa di Roma in pellegrinaggio alla città degli schiavi. Da qui agli inizi del XVIII secolo partivano in catene 15-20 mila persone al giorno. In Africa, tiene a dire papa Ratzinger nei giorni in Benin, non c'é "alcun segno della stanchezza della fede, tra noi così diffusa, niente di quel tedio dell'essere cristiani da noi sempre nuovamente percepibile".

Dall'Africa, priorità dichiarata del pontificato di Benedetto XVI, può venire il nuovo papa? La Chiesa vuole scegliere un papa nero? Dopo il gesto sparigliante della rinuncia di Benedetto XVI al pontificato, questa ipotesi non è irrealistica. Qualora il conclave decidesse di orientarsi verso un "outsider", potrebbe guardare all'Africa? Potrebbe pescare il successore di Pietro dal grande Continente che Ratzinger considera "polmone spirituale" per il mondo, un mondo che "ha bisogno della allegria, vitalità, umorismo degli africani", e del loro "senso religioso della vita"?. Entreranno in conclave 11 africani, alcuni impegnati in curia, come il ghanese Peter Turkson, 65 anni, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace o il presidente di Cor Unum, il braccio caritativo del Papa, Robert Sarah, 68 anni, originario della Guinea.

Altri eleggibili guidano diocesi importanti, magari di frontiera, come tra gli altri il sessantanovenne tanzanese Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam; il 68enne nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja; Wilfrid Napier 72 anni, arcivescovo di Durban in Sudafrica; il sudanese 71enne Gabriel Zubeir Wako. Dalle diocesi di questi porporati africani riecheggia verso Roma il grido dei poveri, il martirio di tanti cristiani nei conflitti interreligiosi, ma anche la vitalità di una fede giovane e di una ricca spiritualità.

L'africanità e il colore della pelle suscitano interesse e persino un pizzico di apprensione in quanti, Nostradamus alla mano, parlano di un papa nero subito prima della fine del mondo. Gli africani, affermano poi i dubbiosi, sono troppo lontani dai meccanismi di curia e dalla mentalità occidentale, e un papa nero incontrerebbe grandi difficoltà. Ma siamo così sicuri che gli africani, inseriti dai papi, da decenni, nella quotidianità della vita della Chiesa, anche in Vaticano, ma soprattutto nelle diocesi, non siamo pronti a guidare la barca di Pietro nel mare in tempesta?

Le giovani chiese d'Africa, che godono della prima generazione di leader ecclesiastici locali e non missionari, che prestano preti all'Occidente in crisi di vocazioni, e persino alla diocesi del Papa, hanno forse qualcosa da dare alla Chiesa cattolica. Il 24 novembre scorso, tra gli stucchi della Sala Ducale del Palazzo apostolico in visita ai cardinali appena "creati" dal Papa, centinaia di nigeriani festosi, nei variopinti abiti tradizionali omaggiavano - senza alcun servilismo e con molta gioia, poco clientes e molto cristiani - il neo cardinale John Olorunfemi Onaiyekan. Il battagliero arcivescovo di Abuja, impegnato in Patria ad evitare ogni contrapposizione tra cristiani e islamici e in curia a ricordare le ragioni dei poveri spiega in quei giorni che la scelta di Benedetto XVI riflette una nuova importanza della Chiesa dell'area sub-sahariana. "Siamo cresciuti, non siamo più bambini". "La decisione del Papa non mi sorprende". L'Africa potrebbe sorprendere la Chiesa.

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