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Due anni fa la morte della psichiatra Capovani, 'lei pensava ai colleghi'

Due anni fa la morte della psichiatra Capovani, 'lei pensava ai colleghi'

Impegnata direttamente in progetti per la sicurezza

ROMA, 12 marzo 2025, 15:15

Redazione ANSA

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Due anni fa la morte della psichiatra Capovani,  'lei pensava ai colleghi ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Due anni fa la morte della psichiatra Capovani, 'lei pensava ai colleghi ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Barbara Capovani, la psichiatra uccisa nell'aprile 2023 all'uscita dal lavoro all'ospedale Santa Chiara di Pisa, era direttamente impegnata in progetti per aumentare la sicurezza degli operatori sanitari. Il ricordo di amici e colleghi è arrivato a Pisa al convegno della Fiaso organizzato nella giornata contro le aggressioni agli operatori sanitari, attraverso le parole di Tullia Rainaldi, membro del consiglio direttivo dell'Associazione Barbara Capovani, che è stata costituita con i familiari, amici e colleghi, allo scopo di portare avanti progetti che Barbara aveva già avviato e quelli che aveva a cuore.
    "Barbara avrebbe voluto che si parlasse di questo tema, lo considerava centrale e importante per l'esercizio delle professioni sanitari, per capire come e cosa cambiare o migliorare - afferma Rainaldi - Barbara avrebbe voluto parlare di questo e non di lei, ma dopo quello che le è accaduto, affrontare il tema della violenza contro gli operatori sanitari, significa purtroppo ritornare a pensare a quello che le è successo. Una delle grandi preoccupazioni e delle priorità della dottoressa Capovani, come responsabile dell'Spdc del Santa Chiara di Pisa, era quello di garantire la sicurezza e l'incolumità dei suoi colleghi, degli infermieri e degli operatori sanitari, che lavoravano con lei, in un reparto difficile e delicato come quello di psichiatria, in cui capitavano non di rado episodi di violenza".
    "Barbara raccontava, con grande rammarico come a volte non riuscisse a garantire la loro sicurezza, perché oltre ai pazienti psichiatrici, spesso arrivavano in reparto anche soggetti che non trovavano collocazione in carcere o in altre strutture, e questo era un suo grande cruccio - prosegue - Ed è proprio per cercare di trovare una soluzione, che anche nei giorni immediatamente precedenti alla sua aggressione, Barbara era fortemente impegnata in un'iniziativa, di cui era stata la promotrice e che vedeva coinvolto il Tribunale di Pisa e la Procura, organizzata allo scopo di stilare delle linee guida e uno schema operativo, per un migliore coordinamento tra gli organi coinvolti, e tutelare gli operatori sanitari in prima linea".
    Ma, aggiunge Rainaldi, "ci si siamo resi conto che oltre al problema, purtroppo cronico, di carenza di risorse, manca anche una visione d'insieme e un approccio multidisciplinare, quello che, appunto, stava cercando di promuovere e stimolare Barbara, per superare le criticità di un ambito connotato da soggetti che spesso non riescono a dialogare". "Basti pensare - sottolinea - alle conseguenze che provoca l'assurdo sistema attraverso il quale si arriva all'inserimento nelle Rems degli autori di reato diagnosticati come incapaci di intendere e di volere e che sconta, purtroppo spesso sulla pelle dei familiari e degli operatori sanitari, una assurda mancanza di coordinamento tra le funzioni della Magistratura, che si fermano, per così dire, alle porte delle Rems e quelle del Servizio sanitario regionale che tali strutture gestisce".
   

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