Una fitta trama di inganni,
stratagemmi e situazioni esilaranti, un linguaggio musicale
brillante, un ritmo narrativo serrato fanno de Il barbiere di
Siviglia una delle opere più rappresentate al mondo: il
capolavoro buffo in due atti di Gioachino Rossini inaugura la
stagione lirica del Teatro Regio di Parma il 12 gennaio alle 20
(repliche il 16, 18 e 20 gennaio).
L'opera va in scena nel riallestimento in coproduzione col
Rossini Opera Festival di Pesaro con la regia, le scene e i
costumi di Pier Luigi Pizzi. Il ventisettenne Diego Ceretta, al
debutto nel titolo e per la prima volta al Regio, sarà sul podio
della Filarmonica Toscanini e del Coro del Teatro. Protagonisti
il tenore Maxim Mironov (Almaviva), il mezzosoprano Maria
Kataeva (Rosina), il baritono Andrzej Filończyk (Figaro), tutti
e tre per la prima volta al Teatro Regio, Marco Filippo Romano
(Don Bartolo), Roberto Tagliavini (Don Basilio), Elena Zilio
(Berta), William Corrò (Fiorello / Un ufficiale).
Il successo del Barbiere di Siviglia fu tutt'altro che
scontato all'epoca del suo debutto, avvenuto il 20 febbraio 1816
al Teatro Argentina di Roma: il confronto con Giovanni
Paisiello, autore appena trent'anni prima di un'opera omonima
tratta dallo stesso dramma di Beaumarchais, era talmente pesante
che, si racconta, molti detrattori di Rossini erano presenti
alla première con l'unico scopo di boicottarla. "Casualità e
intraprendenza stanno alla base della nascita dell'opera buffa
più rappresentata - spiega Giuseppe Martini nelle note al
libretto di sala. - La leggenda riguarda il tempo di
composizione, stimato in una quindicina di giorni e la nota
contestazione al debutto. Nel primo caso, va detto che Rossini
era di suo veloce a scrivere, e quei tempi di lavoro erano
comunque normali per l'epoca; quanto alla contestazione, è d'uso
incolparne i paisielliani, ma alcuni sono propensi oggi a
motivarla anche con le novità proposte dall'impaginazione
rossiniana rispetto alle convenzioni. Dopo il fiasco della prima
sera e le cinque repliche appena, il Barbiere ebbe successo
crescente: in cinque-sei anni invase l'Europa, e nei decenni
successivi sopravvisse alla crisi dell'opera buffa e di gran
parte del repertorio rossiniano".
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