"Cielo, si può morir; di più non
chiedo"... John Osborn ha appena il tempo di chiudere la sua
'furtiva lagrima' intensa e struggente e subito il pubblico del
Teatro Costanzi gli chiede il bis tra un lungo scrosciare di
applausi e 'bravo' urlati a gran voce.
Il tenore americano, quasi sopreso da tanto calore, ha così
replicato la famosissima aria del secondo atto dell'Elisir
d'amore che l'11 gennaio ha trionfato all'Opera di Roma.
L'ovazione degli spettatori ha premiato il Nemorino protagonista
maschile del melodramma giocoso di Gaetano Donizetti e allo
stesso modo l'intero cast di voci, dal soprano polacco
Aleksandra Kurzak, una Adina brillante e cristallina, agli altri
ottimi comprimari Alessio Arduini (Belcore), Giulia Mazzola
(Gianneta) e Simone de Savio, salutato con intensità particolare
per il suo 'ciarlatano maledetto' Dulcamara, fulcro dell'intera
vicenda con il suo vino spacciato per filtro miracoloso capace
di sciogliere i nodi del cuore. Grandi apprezzamenti per il coro
istruito da Ciro Visco e per il direttore Francesco Lanzillotta,
al debutto nella sua città sul podio della Fondazione musicale,
che ha guidato saldamente l'orchestra fedele all'idea che in un
titolo 'da cantanti' come questo "bisogna esserci senza farsi
vedere troppo".
Gli applausi non hanno invece coperto alcuni marcati 'buu'
riservati al regista Ruggero Cappuccio, che ha riproposto la
versione luminosa e circense dell'allestimento messo in scena
già nel 2011 e ripreso nel 2014.
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