La scalinata di Trinità dei Monti a
Roma, la sua Roma, "amica e amante"; l'abbraccio dei duemila
fortunati fan che non si sono fatti fermare dalla pioggia
leggera e hanno risposto alla chiamata; la voglia di esserci, di
farsi sentire. Achille Lauro presenta così, con un live show
annunciato solo poche ore prima, il nuovo album Comuni Mortali,
in uscita il 18 aprile per Warner Music Italy. "Roma - spiega
l'artista 34enne, reduce dall'ultimo festival di Sanremo con
Incoscienti Giovani - è il filo conduttore di questo album, che
è la sintesi di ciò che sono oggi. Roma e i suoi vicoli, che
mantengono la tradizione di un mondo che non c'è più. Ma è
proprio dove esiste la realtà, che esistono le grandi cose. Io
rubo dalla realtà, rubo le immagini che vedo. Perché in fondo
una canzone non è altro che un sentimento condiviso".
Comuni Mortali - "un'espressione che racchiude quello che
siamo tutti, fragili e uguali" - è il settimo album di Achille
Lauro, quello della maturità, un nuovo passaggio per il
cantautore che nei lavori precedenti ha attraversato i generi,
spaziando dall'urban al glam, dal rock fino al pop. "Oggi non ha
più senso parlare di generi. Qualcuno ha detto che ho provato a
far saltare la mia carriera ad ogni disco, ma in realtà io mi
sento molto coerente con il mio percorso. Questo è un disco che
parla di me in maniera diversa, in maniera più consapevole, che
mi ha fatto capire veramente chi io sia. Non è pensato per le
radio ed è fuori dalle logiche del mercato discografico, che
possono essere deleterie per un artista. Non rincorro più il
gioco dei numeri, della canzone estiva che fa divertire. I
risultati mi interessano solo relativamente a quelli che mi
seguono".
Racconta che Comuni mortali "è ispirato ai grandi del
cantautorato romano e italiano. Io sono fan di De Gregori,
Califano, Mia Martini, Lucio Dalla. L'ho scritto tra Los Angeles
e New York, dove posso andare al supermercato e dove faccio le
file fuori dai locali, ed è un disco di dediche d'amore, in
tutte le sue forme perché l'amore è l'unica cosa che uno lascia
sulla terra: a Roma, a mia madre (per la quale ha scritto il
brano Cristina), ai miei grandi amori, ai miei amici. A tutti
quelli che hanno contribuiti alla mia musica". Come la periferia
nella quale è cresciuto, alla quale guarda con affetto ma senza
mitizzarla. "Sono stra-grato alla mia vita che è stata
spericolata, ma anche pericolosa. So di essere stato molto
fortunato, ma non mi sento in colpa per chi è rimasto lì:
conosco il lato della medaglia di chi non ha niente e quello di
chi vive sognando. È questo il mio grande lusso. Sono stato
fortunato perché ho scoperto quello che mi piaceva. Il problema
è non avere una passione".
In estate è atteso al Circo Massimo per due date il 29 giugno
e l'1 luglio, sold-out. "Per quanto sembri un traguardo, vorrei
che fosse un punto di inizio". E già guarda avanti, molto
avanti. "Penso a qualcosa di ancora più grande, Lo stadio nel
2026? Mi piacerebbe, vediamo". Intanto nel cassetto ha pronto un
brano per Mina "una cosa molto bella" e in ballo c'è anche
qualche progetto per il grande schermo.
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