Opere, per lo più inedite, di
grandi dimensioni, ricavate da porzioni di teloni ferroviari
dismessi, giuntati, cuciti, forati, bruciati, e poi dipinti e
lavorati, esposte lungo un percorso ritmato da undici parole:
persona, ricordo, memoria, impronta, frammento, relitto, abisso,
grotta, spiaggia, terra e origine. Da sabato 28 ottobre il Museo
delle Culture di Lugano, ospiterà la prima personale di Luca
Pignatelli dedicata esclusivamente alla ricerca astratta che lo
ha impegnato nell'ultimo decennio.
L'esposizione, intitolata per l'appunto 'Astratto', è nata da
un dialogo, iniziato due anni fa, tra l'artista milanese e
Francesco Paolo Campione, curatore della mostra e direttore
dello stesso Musec. Un dialogo che unisce ricordi e riflessioni
suscitati dalle tele, dai libri, dalle fotografie e dagli
oggetti che animano il grande atelier di Pignatelli.
La rassegna, con 49 lavori, è strutturata come un itinerario
a spirale attorno alla ricerca di Pignatelli che "permette di
comprendere - spiega Campione - come l'arte, prima di essere
rappresentazione e decoro, sia tensione verso il mondo
spirituale".
L'allestimento, pensato per i due piani di Villa Malpensata,
sede del Museo, oltre a dare respiro alle grandi opere,
trasferisce in alcune sale angoli dello studio di Milano
dell'artista: tavoli, sedie, poltrone, divani e carrelli sopra o
accanto ai quali, esattamente come nel loro ambiente originario,
si trovano fotografie, carte, disegni, immagini ritagliate dai
giornali, telai, mucchi di teloni ferroviari, cocci, chiodi,
barrette di metallo, cordame, pennelli e latte di pittura. Un
modo, questo, per sottolineare la dimensione antropologica e il
contesto sociale che stanno alla base di ogni espressione di
creatività, anche la più astratta.
La mostra, in calendario fino al 12 maggio, è il nuovo
capitolo del ciclo 'Global Aesthetics', con il quale il Musec
esplora le varie forme e i diversi linguaggi della creatività,
"con l'ambizione - conclude Campione - di andare controcorrente
rispetto a una tendenza sempre più diffusa che trasforma l'arte
contemporanea innanzitutto in un fenomeno di moda".
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