(di Laura Valentini)
L'evoluzione dell'arte della stampa
in Giappone che muta forma e contenuti rispetto al tradizionale
Ukiyoe ma non solo. La mostra 'Gli Shinhanga. Una rivoluzione
nelle stampe giapponesi' che si apre a Roma il 13 marzo ai musei
di San Salvatore in Lauro offre un viaggio all'interno della
cultura giapponese che a partire dalla seconda metà
dell'Ottocento e fino agli anni '30 del nuovo secolo cambia e si
modernizza.
Nelle oltre 120 opere dell'esposizione romana, che riprende e
amplia la mostra che ha avuto luogo a Torino, viene mostrato un
nuovo approccio all'arte della stampa a matrice (Shinhanga
letteralmente significa la 'nuova xilografia') che comprende il
ricorso a soggetti diversi dall'Ukiyoe, come paesaggi suburbani
o anche tradizionali quale il monte Fuji ma ritratti attraverso
scorci inediti, immagini campestri, scene notturne o immortalate
tra la neve o in primavera. A questo genere di vedute
impressioniste, silenziose e come sospese fra presente e futuro,
si aggiungono anche i ritratti, i bijinga, in cui le donne
comuni diventano protagoniste: non più geishe famose e
personaggi irraggiungibili come nell'arte tradizionale, ma donne
ritratte nella loro quotidianità, mentre si pettinano i capelli
o si applicano il trucco.
"Gli Shinhanga raccontano un paese che si apre allo sguardo e
all'influsso dell'Europa", afferma Paola Scrolavezza, nipponista
e docente dell'Università di Bologna, che ha curato la mostra
con la collaborazione di Fusako Yoshinaga, direttrice della
galleria Nihonlux di Tokyo. I grandi maestri di questa corrente,
come Itō Shinsui, Kawase Hasui e Hashiguchi Goyō "non solo fanno
proprio il gusto per l'esotico dei viaggiatori stranieri,
offrendo loro squarci estetizzanti del Sol Levante segreto, ma
si trasformano essi stessi in viaggiatori curiosi, ritraendo
nelle stampe scorci d'occidente che conservano la freschezza
della prima scoperta. E ai ciliegi in fiore e alle vedute del
Fuji si affiancano con naturalezza le piramidi di Gaza e i
canali di Venezia".
La più grande differenza fra l'arte dell'Ukiyoe, quella che
in Occidente si identifica con la grande onda al largo di
Kanagawa di Hokusai, e quella dello Shinhanga, spiega all'ANSA
Eddy Wertheim, direttore della Japanese Gallery Kensington di
Londra da cui provengono molte delle opere presenti a Roma,
consiste nel fatto che quest'ultima "incapsula l'adozione da
parte del Giappone della tecnologia dell'arte occidentale e la
esibisce in un formato visuale. Si tratta di una forma dell'arte
che in un certo senso - prosegue - è una grande istantanea del
modo in cui il Giappone conservi ancora la sua tradizione
adottando nello stesso tempo molte influenze occidentali. Nel
farlo raggiunge un grande equilibrio e nello stesso tempo
lentamente porta il paese verso una nuova era".
Così quella che prende il via a Roma il 13 marzo e fino al 15
giugno "è una esibizione d'arte ma non solo. Per chi ha un
interesse per il Giappone mostra la transizione che il paese
attraversa quando apre i suoi confini all'Occidente adottando
anche alcune influenze occidentali. Attraverso l'arte esposta in
questa mostra si può vedere come cambia la moda, il costume e
perfino la politica e come il Giappone inizia a modernizzarsi"
afferma ancora Wertheim.
La mostra, che propone anche inediti video giapponesi
realizzati fra le due guerre, oggetti di arredo, preziosi kimono
e fotografie storiche, è stata ideata e realizzata da Vertigo
Syndrome in collaborazione con Il Cigno, NipPop e con la
Japanese Gallery Kensington di Londra, e si avvale del
patrocinio del Padiglione Italia a Expo 2025 Osaka, della
Fondazione Italia-Giappone e del Dipartimento di Lingue,
Letterature e Culture Moderne dell'Università di Bologna diretto
da Paola Scrolavezza.
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