"Per me il Circo Massimo è nuovo, è
la prima volta. Mi sto allenando per questo concertone, devo
fare bella figura. Ogni giorno dopo colazione faccio sport,
pilates, nuoto, bici e corsa. In questo concerto in particolare,
ci sarà il triangolo del blues, con canzoni del mio passato, poi
del mio presente e del mio futuro, con un ospite d'eccezione che
è Francesco De Gregori". "Abbiamo lavorato insieme ad alcuni
progetti e vogliamo farli sentire. Un sogno, un onore, qualcosa
di metafisico". Nel giorno dell'uscita del suo nuovo singolo
Panorama e pronta per tre rock show speciali, dal 26 giugno al
Circo Massimo, Gianna Nannini si racconta a Radio2 Social Club,
ai microfoni di Luca Barbarossa con Ema Stokholma, nella puntata
in onda lunedì 12 maggio su Rai2 alle 8.45.
Il percorso musicale della rocker senese è iniziato molto
presto: "Ho cominciato a 14 anni, sentivo questo dono, scrivevo
le canzoni e volevo farle sentire agli altri. Non pensavo al
successo, non sapevo cosa volesse dire, pensavo ad andare via di
casa, cantare, a fare questo mestiere", spiega. "Poi a un certo
punto mi sono trovata che mi riconosceva la gente, nelle
classifiche, ma non mi sono mai preoccupata di questo, ma solo
di fare il prossimo disco, sempre di ricercare, sperimentare e
non sedermi. Anzi mi sembrava una responsabilità, 'bisogna che
mi impegni!' L'ho presa sempre come una grande avventura, il
successo è un sogno non un risultato, e la missione non è ancora
compiuta".
Ma la strada per il successo non è stata priva di difficoltà:
"Da ragazzina coltivavo la fuga più che il sogno. Giocavo a
tennis e un giorno ho perso a tennis 6-0 con questa tipa, non
vidi proprio la palla. Non l'avrei mai battuta, inutile
insistere. Da quel momento ho scelto di dedicarmi interamente
alla musica". "Non c'entravo niente con la realtà in cui vivevo,
non era il mio, volevo fare la cosa che sentivo. E per fare la
cosa che sentivo non ero incoraggiata ma scoraggiata, dovevo
scegliere la fuga che mi avrebbe dato questa possibilità e
farcela con tutti i mezzi miei, senza chiedere aiuto", spiega,
"quindi un'autodisciplina per arrivare alla fuga e poi fare
entrare questa ispirazione che avevo e che poi sono diventate
canzoni".
Raccontando i suoi primi passi nel mondo della musica ricorda
ancora: "A Roma non andava bene, a Milano facevo pianobar ma non
mi voleva nessuno perché cantavo canzoni un po' tristi, tipo la
storia di Maria Paola una scheda in clinica. Gente che avevo
conosciuto, con problemi di psichiatria, morta per auto
procurato aborto: la gente che è venuta a sentirmi è andata via
perché dopo un po' erano tutti tristissimi. Il rock mi ha un po'
aperto invece di chiudermi nella canzone d'autore, un po'
introspettiva. Mi cantavo un po' addosso probabilmente, come
diceva Mara Maionchi, e il rock mi ha aperto una strada, di
raccontare tutto quello che avevo dentro. Mara è stata
importantissima, mi ha dato due calci e mi ha detto 'Se continui
così non ti ascolta nessuno'".
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