BRUNHILDE POMSEL / THORE D. HANSEN, Una vita tedesca (Rizzoli, pp. 270, 20 euro). Torna in mente il saggio di Hannah Arendt, "La banalità del male", leggendo "Una vita tedesca", il libro in cui il giornalista tedesco Thore D.
Hansen ha raccolto le parole di Brunhilde Pomsel, ultima testimone del Reich. Scomparsa nel 2017 a 106 anni, la Pomsel lavorò fianco a fianco con Joseph Goebbels, il ministro della Propaganda di Hitler, senza mai porsi un problema di coscienza di fronte ai crimini del regime. Narrato in prima persona, il libro ripercorre l'infanzia e la gioventù della protagonista, e la conquista del tanto agognato "posto al sole", proprio nel cuore del potere nazista. Fino alla capitolazione della dittatura, Brunhilde rimase nel bunker a fare il suo dovere, in seguito venne imprigionata per 5 anni dai russi, e per i successivi 70 non ha raccontato a nessuno la sua esperienza in quella che è stata una delle pagine più tragiche nella storia dell'umanità. "Perché mai avrei dovuto interessarmi di politica? Sono una donna, non mi deve per forza interessare" scrive nel libro. A lei che era una semplice segretaria e dattilografa in fondo interessava solo la sicurezza di un lavoro solido e il far parte, anche come piccolo ingranaggio, di un sistema che funzionava perfettamente. Goebbels, che poi quando il regime capitolò si suicidò con la moglie uccidendo anche i figli, era "solo" il suo capo: lei batteva a macchina, obbediva, e girava la faccia dall'altra parte, anche quando bisognava "sdrammatizzare" quanto accadeva nel Reich. Opportunista? Sì, ma dice senza mezzi termini: "Non ho fatto nulla e non mi sento colpevole", affermando di essersi ritrovata "più o meno per leggerezza, in quello stupido partito al quale aderiva la maggioranza". E, giustificando se stessa, rifiuta anche il concetto di colpa del popolo tedesco: un popolo che, proprio come lei, ha nutrito il regime non con l'adesione ma con l'indifferenza perché "in fondo, a guardare bene, ognuno ha sempre pensato solo a se stesso". A leggere con quanta naturalezza la Pomsel descriva la dinamica dell'orrore nazista si resta quanto meno colpiti. Poco conta cercare dettagli degli eventi storici nella sua narrazione: spesso ci sono incongruenze, dimenticanze o rimozioni, e del periodo ormai si conosce pressoché tutto. Il punto è infatti un altro e lo spiega a fine libro Hansen: la testimonianza di Brunhilde serve oggi non per comprendere ciò che accadde ieri, ma per non ripetere gli stessi errori domani.
Hansen cita Trump, la Turchia, la Brexit, il populismo che fa proseliti in Europa: le chiama "avvisaglie" di un pericoloso processo nel quale, mentre il popolo si fa guidare dalla "pancia" senza comprendere realmente ciò che accade, non è del tutto escluso perfino il passaggio al conflitto armato. Nella viltà di Brunhilde, nella sua passività e ignoranza, secondo il giornalista, ci sono analogie con ciò che stiamo vivendo: un presente fosco, in cui crescono "l'enorme disinteresse, la pigrizia nella lotta politica, l'apatia nei confronti del destino dei profughi, l'odio divampante nei confronti delle élite democratiche e la nuova ascesa di populisti di destra che hanno apertamente dichiarato guerra alla democrazia e all'integrazione europea".
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