Lacrime e sorrisi. Così hanno
reagito Lyle ed Erik Menendez alla notizia della revisione della
loro sentenza, secondo quanto ha riferito uno dei loro avvocati,
Cliff Gardner, ai giornalisti assiepati fuori dal tribunale di
Van Nuys, a Los Angeles. All'interno del palazzo, dopo
un'udienza di circa otto ore, il giudice Michael Jesic aveva
appena stabilito che i due fratelli hanno diritto a una
riduzione della pena: dall'ergastolo senza sconti a 50 anni di
carcere con possibilità di accedere alla libertà vigilata.
Nel pronunciare la sua risoluzione, Jesic ha applicato una
legge californiana del 2018 che tutela chi commette reati gravi
prima dei 26 anni d'età. Quando i due rampolli di Beverly Hills
uccisero a fucilate i genitori, nell'estate del 1989, ne avevano
21 e 18. Il caso scosse l'opinione pubblica ed è tornato alla
ribalta grazie a un documentario di Peacock e a una serie
Netflix del 2024. "Non spetta a me decidere se debbano uscire
oggi - ha detto Jesic -, ma credo che meritino una possibilità".
I due uomini possono ora presentarsi davanti a un giudice per la
libertà vigilata, che - dopo 35 anni trascorsi tra le sbarre -
potrebbe aprir loro le porte del carcere di San Diego in cui
sono reclusi e da cui si sono collegati durante l'udienza del
riesame.
Nel corso della giornata, familiari, legali e conoscenti
hanno testimoniato che i Menendez sono completamente riabilitati
e non rappresentano un pericolo per la società. Anerae Brown, ex
compagno di prigione dei due, ha raccontato tra le lacrime che
"senza Lyle ed Erik forse sarei ancora lì a fare cose stupide".
"È grazie a loro se ho abbandonato la rabbia e ho ricominciato
ad avere speranza", ha dichiarato l'uomo che oggi è tornato in
libertà, è diventato padre e ha un lavoro. Una delle cugine dei
Menendez, Anamaria Baralt, ha detto: "Da tutte e due le parti
della famiglia crediamo che 35 anni siano abbastanza. Li abbiamo
perdonati".
Familiari e difensori da anni lavoravano per questo
risultato, sostenendo che l'omicidio avvenne dopo decenni di
violenze sessuali subite da parte del padre José, con la
complicità della madre Kitty. La sentenza del 1996 non tenne
conto degli abusi, ma considerò che i due giovani volessero
accedere alla fortuna accumulata dal padre, dirigente
dell'etichetta musicale Rca. Ancora oggi la procura è contraria
alla riduzione della pena, perché "i due non hanno assunto
appieno la responsabilità dell'omicidio commesso", sostiene il
procuratore di Los Angeles Nathan Hochman.
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