Dietro il successo della
guerra del presidente di El Salvador, Nayib Bukele, contro le
famigerate 'maras', le gang che per anni hanno seminato violenza
e morti nel paese centroamericano, ci sarebbe un patto con i
leader dei principali gruppi per far cessare gli omicidi.
Lo afferma uno dei leader della mara 'Barrio 18', uno dei
gruppi che si contendeva il predominio delle attività criminali
in El Salvador con la 'Ms13'. Si tratta di Carlos Cartagena,
alias 'Charli', che in un'intervista concessa al portale 'El
Faro', fa risalire l'inizio del presunto 'patto' di Bukele con
le maras al 2014, quando l'attuale presidente puntava a
diventare sindaco della capitale San Salvador.
"Chi controlla San Salvador controlla il Paese", afferma
'Charli' nell'intervista, dove sostiene anche che Bukele avrebbe
usato le gang per minacciare e sconfiggere avversari politici.
Dal 2022, anno di inizio dello stato di eccezione decretato
da Bukele nel quadro della lotta contro le gang, sono state
arrestate almeno 86 mila persone accusate di appartenere o
essere complici di bande.
Il tasso degli omicidi in El Salvador è sceso nel 2024 a 1,8
ogni
100mila abitanti, dai 106,3 del 2015 ma Ong come Amnesty
Internationnal e Human Right Watch hanno denunciato che nel
quadro della guerra contro le gang sono stati effettuati
"arresti indiscriminati" e violazioni gravi dei diritti umani.
I sospetti sui vincoli di Bukele con le maras non sono
nuovi, e diverse evidenze in questo senso sono già emerse nel
corso degli ultimi anni, tanto da indurre le stesse autorità
degli Stati Uniti a sanzionare esponenti dell'attuale governo
salvadoregno oggi stretto alleato di Donald Trump.
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