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ANSAcom - In collaborazione con MSD ITALIA
Riconoscono correttamente alcuni sintomi, si rendono conto che è una neoplasia molto diffusa, tuttavia la consapevolezza degli italiani sul tumore del rene è superficiale e spesso lacunosa, specie quando si tratta di sapere a chi rivolgersi in caso di malattia e sui percorsi di cura. È quanto emerge da un’indagine condotta dall’Istituto di Ricerca Piepoli. La rilevazione è stata presentata durante la presentazione dell’edizione 2025 della campagna 'Fianco a fianco. Uniti contro il carcinoma renale', promossa da Msd con il patrocinio della Società Italiana di Urologia (Siu) e dell’associazione di pazienti Anture. Il carcinoma renale colpisce ogni anno in Italia quasi 13mila persone e circa 150mila persone convivono con la malattia dopo aver ricevuto una diagnosi. L’indagine, condotta su un campione di 1.000 persone rappresentativo della popolazione italiana, è giunta a risultati contrastanti. Per un verso, la consapevolezza aumenta: il 94% degli intervistati ha sentito parlare del tumore del rene, il 70% sa che è una malattia molto diffusa e circa il 70% riconosce correttamente almeno un sintomo. Tuttavia, “quasi la metà degli intervistati ne ha solo un’idea vaga basata principalmente su tv e passaparola e solo un terzo (32%) riconosce spontaneamente fattori di rischio legati a uno stile di vita scorretto, come fumo e alimentazione”, spiega il presidente dell’Istituto Piepoli Livio Gigliuto. “Le principali lacune, però, emergono quando si deve affrontare un percorso di diagnosi e cura”, continua Gigliuto. Il 92% degli intervistati, infatti, dichiara di non conoscere un centro di eccellenza per la cura del tumore del rene, quasi la metà crede erroneamente che la figura di riferimento sia il nefrologo contro un 43% che indica l’oncologo e un 35% l’urologo, a dimostrazione di una confusione nei ruoli. Il giusto percorso è invece fondamentale per ottenere i migliori risultati. “La valutazione del paziente deve essere fatta in centri di eccellenza, dove viene garantita la migliore presa in carico multidisciplinare con una stretta interazione tra urologi, oncologi, radiologi e anatomo-patologi”, spiega Giuseppe Carrieri, presidente della Società Italiana di Urologia (Siu). “Un progetto utile per orientarsi in questo contesto è il “Bollino Arancione”, un riconoscimento, promosso da Siu, che identifica, tra i centri rispondenti, quelli che offrono trattamenti all'avanguardia e servizi dedicati a prevenzione, diagnosi e cura. I criteri di attribuzione del bollino garantiscono un approccio integrato basato su evidenze scientifiche e sulle più recenti linee guida internazionali, migliorando così la qualità delle cure per i pazienti”, conclude Carrieri.
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