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Enzo Decaro al Teatro Cilea con '"Non è vero ma ci credo"

Enzo Decaro al Teatro Cilea con '"Non è vero ma ci credo"

Dal 25 al 28 gennaio spettacolo con la regia di Leo Muscato

NAPOLI, 23 gennaio 2024, 14:40

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Quattro appuntamenti dal 25 al 28 gennaio al Cilea di Napoli per il ritorno teatrale di Enzo Decaro nello spettacolo "Non è vero ma ci credo". Decaro con Massimo Troisi e Lello Arena è stato tra i protagonisti della nuova scuola napoletana della comicità moderna. Fino a La Smorfia la comicità di Napoli era ad appannaggio di artisti del calibro di Totò, Nino Taranto e Peppino De Filippo autore, appunto, della commedia che Decaro porterà per la prima volta in scena sul palco del teatro vomerese. Lo spettacolo ha la regia di Leo Muscato il quale ha iniziato la sua carriera nella compagnia di Luigi De Filippo. In scena Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Carmen Landolfi, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo, Ingrid Sansone. Le scenografie sono di Luigi Ferrigno mentre i costumi di Chicca Ruocco e il disegno luci di Pietro Sperduti.
    Dice Enzo Decaro: " 'Non è vero ma ci credo' con la regia di Leo Muscato ha debuttato con la compagnia di Luigi De Filippo, scomparso nel 2018. Insieme abbiamo voluto fare un omaggio sia a Luigi che a Peppino De Filippo che ne fu autore originale. In questa tragi-commedia tutta da ridere la scaramanzia la fa da padrone. Personalmente - continua Decaro - sono talmente poco superstizioso che, addirittura, ritengo che esserlo porti male.
    Lo spettacolo è una macchina da guerra della comicità dove gli autori enfatizzano i danni che possono scaturire dall'esasperazione di una credenza; dalla superstizione che è una tara di ignoranza tramandata di generazione in generazione, capace in certi casi di trasformarsi in un incubo non solo per chi è scaramantico ma ma anche per chi gli sta accanto. Lo spettacolo viene trasportato dalle ambientazioni anni Venti agli anni 80 rispettando i canoni della tradizione napoletana ma dandogli un sapore contemporaneo - conclude l'attore - portando avanti gli obiettivi di Luigi De Filippo: riunione l'ingegno del padre Peppino con la commedia di verità dello zio Eduardo". Lo spettacolo rispetta i canoni della tradizione del teatro napoletano, ma dal sapore più contemporaneo. Il racconto è una tragedia tutta da ridere, popolata da una serie di caratteri dai nomi improbabili e che sono in qualche modo versioni moderne delle maschere della commedia dell’arte. Il protagonista di questa storia assomiglia tanto ad alcuni personaggi di Molière. L’avaro, avarissimo imprenditore Gervasio Savastano, vive nel perenne incubo di essere vittima della iettatura. La sua vita è diventata un vero e proprio inferno perché vede segni funesti ovunque; qualunque cosa, anche la più banale, lo manda in crisi. Chi gli sta accanto non sa più come comportarsi. La moglie e la figlia sono sull’orlo di una crisi di nervi; non possono uscire di casa perché lui impedisce loro di farlo. Anche i suoi dipendenti sono stanchi di tollerare quelle assurde manie ossessive. A un certo punto le sue fisime oltrepassano la soglia del ridicolo: licenzia il suo dipendente Malvurio solo perché è convinto che porti sfortuna. L’uomo minaccia di denunciarlo, portarlo in tribunale e intentare una causa per calunnia. Sembra il preambolo di una tragedia, ma siamo in una commedia. E infatti sulla soglia del suo ufficio appare Sammaria, un giovane in cerca di lavoro. Sembra intelligente, gioviale e preparato, ma il commendator Savastano è attratto da un’altra qualità di quel giovane: la sua gobba. Da qui partono una serie di eventi paradossali ed esilaranti che vedranno al centro della vicenda la credulità del commendator Savastano. Peppino De Filippo aveva ambientato la sua storia nella Napoli un po’ oleografica degli anni 30. In una versione più attuale del figlio Luigi De Filippo invece l’ambientazione era di una ventina d’anni più avanti. Lo spettacolo viene avvicinato ora ancora di più ai giorni nostri, ambientando la storia in una Napoli anni Ottanta.
   
   

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