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Il lavoro non dà la felicità, una vita privata appagante sì

Il lavoro non dà la felicità, una vita privata appagante sì

La serenità personale aumenta il rendimeno professionale del 32%

ROMA, 18 aprile 2025, 19:02

(di Agnese Ferrara)

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Il lavoro dà la felicità? Un nuovo studio esplora la relazione a lungo termine tra soddisfazione lavorativa e soddisfazione di vita e dimostra che la felicità personale è il principale fattore determinante per una vita lavorativa appagante, non il contrario. La scoperta, pubblicata sul Journal of Organizational Behavior, sfida il pensiero comune secondo cui la soddisfazione lavorativa abbia un'influenza maggiore sulla soddisfazione di vita rispetto al contrario.
    Invece se non si è sereni e 'centrati' nella propria vita ne risentiranno i rapporti con i colleghi e gli obiettivi professionali anche quando il proprio ruolo professionale dovrebbe dare soddisfazione o, al contrario, quando ci si troverà a dovere affrontare crisi e difficoltà sul lavoro.
    Seppure un lavoro finalmente appagante possa indurre a una maggiore felicità, se mancano le 'basi personali di serenità' gli effetti negativi si vedranno nel lungo termine.
    Lo studio ha coinvolto diversi paesi, dagli Stati Uniti alla Germania all' Australia con dati di oltre 160.000 persone e, a prescindere dal paese di provenienza, dimostra che le esperienze positive sul lavoro e quelle della vita privata si modellino a vicenda nel tempo e che gli individui con una maggiore soddisfazione di vita hanno il 32% di probabilità in più di sperimentare una maggiore soddisfazione lavorativa e di svolgere nel modo migliore i propri compiti. "Sebbene la soddisfazione lavorativa abbia effettivamente un effetto positivo sulla soddisfazione di vita futura, è relativamente più debole e diminuisce nel tempo" - è il commento degli psicologi della Georgia Institute of Technology che hanno diretto l'analisi.
    Gli autori suggeriscono delle soluzioni anche per le imprese affinché i propri dipendenti diano il meglio sul lavoro: in primis includere un approccio di 'benessere olistico'. Cosa significa?: "le organizzazioni che si concentrano esclusivamente su obiettivi professionali potrebbero trascurare una componente fondamentale della felicità dei dipendenti, - affermano gli studiosi. - Dando priorità a strategie di benessere generale, tra cui il supporto alla salute mentale, iniziative per l'equilibrio tra lavoro e vita privata e lo sviluppo personale, le organizzazioni possono promuovere invece una forza lavoro più coinvolta e soddisfatta. Se i dipendenti inoltre sono più sereni nella loro vita lo trasmetteranno anche sul lavoro. È un circolo virtuoso che le organizzazioni possono contribuire a coltivare", indicano gli autori.
    Infine, anche a livello personale un approccio più 'olistico' aiuta a rasserenarsi per non arrivare sul luogo di lavoro 'carichi' di stress e preoccupazioni o incrinare i rapporti stessi all'interno dell'ambiente lavorativo. Considerando, tra le reazioni affettive personali, anche i rapporti con i colleghi e la natura stessa del lavoro. - La 'soddisfazione di vita' è un indicatore di benessere più generale, che riguarda una valutazione cognitivo/affettiva della propria vita nel suo complesso, - si legge nello studio.
    Infine una regola d'oro da tenere in mente possibilmente all'inizio della carriera: la soddisfazione nella vita predice positivamente la futura soddisfazione lavorativa. Meglio perseguire la serenità personale e professionale per poi raccoglierne i frutti negli anni.
   

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