In Italia, le coppie che affrontano difficoltà nel concepimento aspettano mediamente 4-5 anni prima di intraprendere un percorso terapeutico adeguato, che può includere anche la riproduzione assistita. Lo afferma un'indagine condotta dalla Società Italiana di Riproduzione Umana (Siru) nei centri italiani di riproduzione medicalmente assistita (Rma), in vista del Congresso Nazionale Siru dal titolo Il tempo nella riproduzione che si svolgerà a Verona dall'8 al 10 maggio.
Secondo lo studio, la causa principale del ritardo può essere attribuita alla mancanza di Linee Guida appropriate e dei relativi Percorsi Diagnostici e Terapeutici Assistenziali (Pdta) e, quindi, al fatto che le coppie non riescono ad orientarsi nella ricerca della soluzione. "Nel nostro Paese è necessaria una riorganizzazione del sistema della riproduzione medicalmente assistita - spiega Antonino Guglielmino, fondatore della Siru - In assenza di linee guida non si riesce a discutere concretamente di Percorsi Diagnostici e Terapeutici Assistenziali (Pdta); questi rappresentano una cintura di protezione sanitaria per le coppie che, a partire dal medico di medicina generale o dal consultorio territoriale già coordinati con i centri di Rma, possono offrire, a seconda delle esigenze della coppia, esami diagnostici e terapie utili per raggiunge velocemente l'obiettivo del concepimento di un figlio".
Riguardo la possibilità di avere a disposizione linee guida appropriate, una recente sentenza del Tar del Lazio, emanata su ricorso delle società scientifiche Siru, Siu, Urop e Cecos Italia, ha annullato le raccomandazioni vincolanti delle Linee Guida ministeriali sulla Riproduzione Medicalmente Assistita (Rma) del marzo 2024 perché non redatte secondo le normative italiane sul Sistema Nazionale delle Linee Guida, stabilito dalla Legge Gelli-Bianco. Tra le altre problematiche, le differenze regionali nelle normative, la scarsità di centri pubblici accreditati e i lunghi tempi di attesa. Inoltre, a 8 anni dalla definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) per la Rma, la loro applicazione è ancora disomogenea a livello nazionale. "Dai risultati di uno studio pubblicato su Human Reproduction nel febbraio 2021, emerge come il ritardo dell'avvio della fecondazione in vitro provochi una riduzione delle possibilità di successo - conclude Paola Piomboni, Presidente Siru - Nelle donne di età pari a 36-37, 38-39 e 40-42 anni un ritardo di 6 mesi ridurrebbe le nascite rispettivamente del 5,6%, 9,5% e 11,8%, mentre i valori corrispondenti associati a un ritardo di 12 mesi sono rispettivamente dell'11,9%, 18,8% e 22,4%".
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