In Italia il tasso di utilizzo del congedo di paternità è più che triplicato fra il 2013 e il 2022 passando dal 19,2% degli avanti diritto nel 2013 al 64,5% nel 2022 ma oltre il 35% non lo utilizza con percentuali più ampie per i lavoratori con contratto a termine e per quelli che lavorano nelle aziende con pochi dipendenti. La crescita del congedo è stata più marcata nei primi anni e più contenuta negli ultimi, con una differenza di soli 0,5 punti percentuali tra il 2023 e il 2022.
E' quanto emerge da uno studio di Inps e Save the Children pubblicato in vista della festa del papà.
"Sul congedo di paternità - ha detto il presidente dell'Inps, Gabriele Fava - registriamo un trend positivo che evidenzia un cambiamento culturale in atto. Tuttavia, circa il 35% dei padri aventi diritto ancora non ne usufruisce, è una misura su cui faremo ulteriori iniziative di sensibilizzazione. Promuovere il congedo di paternità è un passo essenziale verso una reale parità di genere nelle famiglie italiane".
"Nonostante i segnali positivi che i dati sulla fruizione del congedo di paternità ci mostrano, ha sottolineato Daniela Fatarella Direttrice Generale di Save the Children - c'è ancora molto da fare per favorire un'equa condivisione della cura tra madri e padri".
Perché è importante il congedo di paternità
Il congedo di paternità è stato introdotto in Italia nel 2012 e ha come scopo quello di favorire la condivisione della cura e il legame tra padri e figli. Negli anni il tempo del congedo si è gradualmente allungato fino ad arrivare agli attuali 10 giorni di congedo per i padri.
Anche il suo utilizzo è cresciuto nel tempo, passando dal 19,2% dei padri aventi diritto nel 2013 al 64, 5% nel 2023. I padri che utilizzano il congedo di paternità sono più di 3 su 5, ma con notevoli differenze che dipendono sia dal territorio dove si risiede, sia dalla dimensione aziendale, che dal tipo di contratto lavorativo.
L’elaborazione dei dati INPS fa emergere l’importanza del congedo di paternità su diversi fattori:
1) Nel favorire la condivisione della cura tra genitori,
2) Ha benefici sul benessere di bambini e bambine,
3) Contribuisce a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena ed equa partecipazione delle donne al mondo del lavoro.
Chi ne usufruisce di più
Ad usufruire maggiormente del congedo sono i padri che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato, circa il 70%, a fronte di quanti ne hanno uno a tempo determinato, il 40%, o di quelli con contratti a termine, come gli stagionali, il 20%.
Il tasso di utilizzo più alto si osserva tra i padri che hanno un reddito compreso tra i 28.000 e i 50.000 euro (83%), mentre cala leggermente tra quanti hanno un reddito annuo superiore ai 50mila euro (80%). Tra i redditi più bassi, scende ulteriormente, attestandosi al 66% tra quanti hanno un reddito compreso tra i 15.000 e i 28.00 euro annui.
Anche la dimensione aziendale sembra influire sull’utilizzo del congedo di paternità: la percentuale dei padri che ricorrono a tale strumento è infatti doppia tra quanti lavorano in aziende con più di 100 dipendenti (80%), rispetto a chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti (40%).
"Seppure nel carico di cura dei figli - si legge nella nota sullo studio - permane un forte squilibrio tra i generi, con evidenti ripercussioni sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, nell'universo dei padri qualcosa sta cambiando, anche se lentamente".
Il divario tra Nord e Sud
L’uso del congedo di paternità non è omogeneo sul territorio nazionale.
Al Nord, viene utilizzato dal 76% dei padri aventi diritto, una percentuale quasi doppia rispetto quella osservata al Sud e nelle Isole con il 44%, mentre al Centro lo utilizza il 67% di loro. A livello regionale, la sua fruizione va dalla percentuale più bassa della regione Calabria a quella più alta della regione Veneto.
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