La decisione della Corte di Assise
di Bologna di escludere le associazioni per la tutela dei
diritti delle donne quali parti civili nel processo a carico
dell'imputato Giampiero Gualandi, accusato dell'omicidio
aggravato della giovane collega vigilessa Sofia Stefani, "è una
decisione adottata 'allo stato degli atti' e pertanto relativa
ad un momento processuale iniziale, in cui la Corte non ha
accesso al fascicolo delle indagini svolte dalla Procura.
Riteniamo dunque che sia possibile, nel corso del processo, di
poter provare che quello di Sofia Stefani rientri nella
configurazione di femminicidio".
E' quanto sottolineano gli avvocati Andrea Speranzoni e Lisa
Baravelli, legali di parte civile dei genitori di Sofia Stefani
e del fidanzato della vittima, che hanno deciso di intervenire
"a seguito delle polemiche lette negli ultimi due giorni", dopo
che la Corte ha ritenuto le condotte di Gualandi non
riconducibili alla nozione giuridica di femminicidio.
"La Corte ha inoltre precisato che le associazioni possono
partecipare al processo come enti intervenienti. Ci riteniamo in
ogni caso soddisfatti degli esiti dell'udienza scorsa", hanno
aggiunto i due legali, che spiegano inoltre come i famigliari di
Sofia, "dopo aver letto sulla stampa alcuni dettagli delle
indagini filtrati e non ancora entrati nel processo, si dicono
sorpresi e contrariati, ed auspicano una moderazioni dei toni
del dibattito".
I legali di parte civile ribadiscono infine che "sarà
possibile, nel corso del processo, attraverso l'istruttoria
dibattimentale, provare che l'omicidio di Sofia Stefani rientra
a pieno titolo nella definizione di femminicidio, prova che non
è affatto esclusa dalla decisione della Corte adottata il 17
febbraio, lo si sottolinea, allo stato degli atti. Riteniamo
quindi doveroso precisare che sarà l'aula della Corte di Assise
il luogo in cui verranno formate le prove".
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