(dell'inviato Mattia Bernardo Bagnoli)
Istanbul alla fine si trasforma
nel vertice degli assenti. Dopo il gran rifiuto di Vladimir
Putin, infatti, a cascata i big si sfilano. Volodymyr Zelensky -
già in Turchia per un incontro con Erdogan - reagisce alla
decisione di Mosca d'inviare il falco Vladimir Medinsky
scegliendo, come controparte, il suo ministro della Difesa
Rustem Umerov. "Prova che Mosca non è seria, i russi offrono una
delegazione di basso livello ma, per rispetto del presidente
Trump e del presidente Erdogan, saremo a Istanbul", ha affermato
Zelensky. Che vuole mostrare di essere disposto a compiere "i
primi passi verso la de-escalation e la fine della guerra". The
Donald, che pure dal Medio Oriente aveva tenuto alta la
suspense, alla fine taglia corto: "Non succederà nulla -
dichiara a bordo dell'Air Force One - finché io e Putin non
c'incontreremo". E gli attesi colloqui diretti Mosca-Kiev, i
primi dalla primavera del 2022, saranno affidati domani alle
rispettive delegazioni.
Lo showdown tra Russia e Ucraina, nel giorno dello sbarco in
Turchia dei team negoziali, è stato condito da un colorito
scambio d'insulti. Dopo che Zelensky ha bollato l'arrivo di
Medinsky come "una farsa", la coriacea portavoce del ministero
degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito il leader
ucraino "un clown, un fallito, una persona dall'istruzione
sconosciuta". Di certo c'è che il Cremlino, spiazzato dalla
mossa di Zelensky di trasformare Istanbul nel summit da mille e
una negoziazione, ora sta tentando di costruire una cortina
fumogena intorno al potenziale flop, ad uso e consumo di Trump e
del cosiddetto sud globale, dove è in costante ricerca di
consensi per mostrare come la Russia non sia isolata, anzi.
"Siamo pronti a discutere e a riprendere il corso dei negoziati,
siamo pronti a possibili compromessi", ha sottolineato non a
caso Medinsky, che punta a diffondere un messaggio di
ragionevolezza.
Stati Uniti e Turchia saranno i mediatori nei negoziati e
l'obiettivo, per Kiev, resta la creazione di un "cessate il
fuoco incondizionato" di 30 giorni. È un gioco di specchi.
L'Europa vede la tregua - lo ha ribadito la Francia alla
ministeriale Esteri di Antalya - come una precondizione per
arrivare alla pace, Mosca vuole discutere 'tutto per tutto'
mentre gli Usa ondeggiano, con Trump - primo fautore della mossa
della tregua - apparentemente "non deluso" dalla composizione
della delegazione russa (benché abbia poi ammesso di "non
saperne nulla"). Insomma, andamento fluido a dir poco. Il
segretario di Stato Marco Rubio, da Antalya, ha ridimensionato
le aspettative. "Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni ma
vogliamo vedere progressi: il presidente è stato più che chiaro,
la guerra deve finire ed è aperto a qualsiasi meccanismo che
porti a una pace giusta e duratura", ha detto.
Certo, mentre ogni sforzo è concentrato sulla pace non vanno
ignorati i segnali contrari. A lanciare l'allarme è la Cnn,
citando due funzionari statunitensi. La Russia, avvertono, sta
radunando le forze in prima linea per "una possibile nuova
offensiva" volta a conquistare altro territorio ucraino. "Putin
cercherà di prendere tutto il territorio possibile fino alla
periferia di Kiev", ha sostenuto una delle fonti. Fosse così, la
situazione si avviterebbe di nuovo. L'Europa ora s'interroga su
cosa fare - stando al premier britannico Keir Starmer "quello
che è successo oggi è un'ulteriore prova che è Putin a
temporeggiare" - per non restare fuori dalla partita e
continuare a sostenere Kiev. La linea resta quella fissata nella
capitale ucraina nel quadro della missione dei leader di Gran
Bretagna, Francia, Germania e Polonia: punire Mosca con sanzioni
draconiane se sfugge ai negoziati.
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