"Dire che siamo 'per la difesa
comune, ma contro il riarmo' è quanto meno o un'ingenuità, o a
pensar male un barbatrucco. La difesa comune infatti non c'è,
non è immediatamente realizzabile, come non ci sono gli 'Stati
uniti d'Europa' di cui spesso favoleggiamo. Entrambi
rappresentano un traguardo cui aspirare, un progetto ideale cui
tendere". Lo scrive su X l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori,
riprendendo un suo editoriale pubblicato oggi da Il Foglio.
"Ciò che si può fare oggi, concretamente, è promuovere
maggiori investimenti nazionali per la sicurezza e la
deterrenza, condizionandoli il più possibile a logiche di
coordinamento e interoperabilità (come accade con 'Safe'), e in
parallelo incentivare lo sviluppo di un'industria europea della
difesa, a sua volta progressivamente orientata alla cooperazione
sovranazionale. Trattasi di 'riarmo'? Sì, se lo si vuole
chiamare col suo nome (a ricomprendere dispositivi di
cybersecurity e di vigilanza satellitare, sistemi di AI, ecc.),
da vedere come necessario e positivo punto di partenza di un
processo che andrà progressivamente orientato alla costruzione
dell'agognata difesa comune europea", spiega Gori.
"Dire 'sì alla difesa comune, no al riarmo' non ha quindi senso.
O meglio, ha il senso di buttare la palla in tribuna, pretendere
l'ottimo (oggi irrealizzabile) per rifiutare ciò che è
concretamente fattibile", conclude Gori.
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