"Genova nell'Ottocento" è il progetto
culturale che varato dal Comune impegnerà associazioni,
istituzioni, musei per tutto l'anno in iniziative musicali,
letterarie, artistiche. E ieri sera al Carlo Felice si è svolto
il concerto inaugurale introdotto da una prolusione di Raffaele
Mellace docente di storia della musica all'Università di Genova.
Mellace si è soffermato sui rapporti fra Verdi e Genova,
ricordando le due case scelte dal compositore per i suoi inverni
in città (Palazzo Sauli in Carignano e Palazzo del Principe), la
tranquillità cercata e trovata in un ambiente che lo lasciava
vivere senza assillarlo, favorendo la sua straordinaria
creatività. In questi giorni, ha ricordato, è in scena
"Falstaff" e Genova è stata la seconda città a ospitare
l'estremo capolavoro verdiano, subito dopo il debutto alla
Scala, tanto che una pasticceria chiamò Falstaff una brioche con
glassa. Poi il concerto incentrato su Verdi, Donizetti e
Puccini. Protagonisti tre eccellenti cantanti: il soprano Maria
Agresta, il tenore Francesco Demuro e il baritono Gabriele
Viviani. Al pianoforte il bravissimo Michele D'Elia , che ha
saputo accompagnare con intelligenza, duttilità, splendido
fraseggio. Maria Agresta, voce straordinaria, verve da grande
attrice, ha regalato una magistrale interpretazione della
Desdemona verdiana con "La canzone del salice" e l'accorata
"Ave Maria" per poi dialogare con intensità drammatica in una
scena dal "Simon Boccanegra" con Viviani e concludere con il
magnifico duetto con il tenore nel terzo atto della "Boheme". Il
tenore Demuro, emissione generosa e apprezzabilmente duttile in
Puccini ancor più che in Verdi si è fatto applaudire
nell'"Elisir d'amore" in "Traviata" e in "Luisa Miller".
Gabriele Viviani ha mostrato tutta la sua verve nei pezzi di
insieme con i colleghi ed è stato un magnifico Jago in "Credo in
un Dio crudel" risolto con veemenza e perfetta scansione. Un ben
concerto insomma concluso dai tre cantanti con due bis
divertenti e divertiti , "Me voglio fa 'na casa" e il brindisi
da Traviata" in cui alle previste voci di soprano e tenore si è
aggiunto spiritosamente il baritono. Un unico appunto sul
programma. Trattandosi di inaugurare "Genova Ottocento" forse
sarebbe stato interessante inserire anche qualche brano legato
alla nostra città, un autore genovese, ad esempio, oppure i due
brani che Puccini compose per altrettanti giornali genovesi,
"Sole e amore" e il Valzer pianistico poi riciclato in
"Boheme". Pochissimo pubblico, purtroppo, applausi calorosissimi
e meritati.
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