"Sono tre le cose memorabili della
mia vita. No, anche di più". Francesca Benedetti, signora del
palcoscenico italiano, musa per tanti grandi da Testori a
Ronconi, 90 primavere il 18 novembre prossimo, è proprio come il
suo teatro: generosa, sanguigna, piena di passione, divertente,
senza reticenze. "Che bello essere vecchi - dice all'ANSA -.
Intanto si può dire quella parola senza problemi e poi ci si
libera da tante responsabilità".
Siamo alla vigilia di quello che lei annuncia - ma chissà -
come il suo saluto al palcoscenico: la messa in scena
dell'Erodiade di Giovanni Testori (1923-1993), autore cui è
stata legatissima per anni e che in questo testo ribaltò la
storia originale del Mito, con Erodiade stessa, e non più sua
figlia Salomè, che su un trono rosso sangue ama e desidera la
testa del Battista. Saranno due serate, il 25 e 26 marzo al
Vascello di Roma, dirette da Marco Carniti, regista con il quale
ha già affrontato un Back to Beckett e l'omaggio a Pasolini de
L'indecenza e la forma di Giuseppe Manfridi.
"Tre sono stati i momenti memorabili - ricorda l'attrice -.
Il temporale di Strindberg che feci con Giorgio Strehler nel
1980. Poi la creazione delle Orestiadi di Gibellina con Emilio
Isgrò e Ludovico Corrao nel 1981. Ma Testori è il più importante
di tutti - sottolinea - È stato un avvenimento quando mettemmo
in scena la Trilogia degli Scarrozzanti, con l'Ambleto, il
Macbetto, che scrisse per me, e l'Edipus da Sofocle".
Ma davvero Erodiade sarà il suo saluto alle scene? "A maggio
andrò a Borgio Verezzi, dove mi daranno un premio. Poi, certo -
sorride illuminandosi - se mi propongono qualcosa di molto
efferato, violento, bello... Perché io sono così, le mammole non
le voglio".
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