"Milano mi ricorda la mia Glasgow"
dice Charles Jeffrey Loverboy, che ha debuttato oggi a Milano,
dove ha intenzione di restare a sfilare con il suo marchio e la
sua moda libera, dove tutti indossano gli stessi capi: maxipull
a motivi etnici scozzesi, kilt mini, reggicalzini e stivali
scintillanti. Tutti hanno il volto sporco di nero, perché
sono usciti da una 'engine room', una sala motori, titolo della
collezione per il prossimo inverno, che "sfuma i confini tra
magia e working class", anche grazie alla collaborazione con il
pittore John Byrne, ex di Tilda Swinton, il cui universo
surreale è un omaggio alla classe operaia. I suoi quadri sono
riprodotti su abiti a cravatta, cappotti, gonne, indossate da
modelli e appartenenti alla comunità queer, dove è nato il
progetto Loverboy che, inizialmente era una "queer club night
che organizzavo - racconta il designer scozzese - per pagarmi
gli studi alla Saint Martin". "Mi attrae da sempre il mondo che
i genitori non vorrebbero che i loro figli frequentassero"
scherza Charles Jeffrey, che con la sua moda vuole
"sponsorizzare la diversità". "Sostenibilità - sottolinea - non
è solo produrre il giusto ma anche restituire qualcosa di ciò
che ricevi e io lo faccio sostenendo la comunità queer", anche
con accessori, come una collana con charms con i simboli della
comunità, la cui vendita va a favore della causa. "Anche a
Milano c'è una scena underground che merita di essere portata
alla ribalta" dice lo scozzese, amico del direttore creativo di
Marni Francesco Risso. Se a Milano ha trovato il set ideale per
le sue collezioni, Charles Jeffrey è orgogliosamente legato alle
sue origini, tanto che esiste persino un 'Loverboy tartan' con
motivo depositato e che il kilt domina in passerella, anche
ridotto a un accenno, come sul retro della giacca sartoriale
indossata come abito.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA