È attesa in serata ad Ancona la
sentenza nel processo per le cosiddette spese facili in
Consiglio regionale Marche. La presidente del collegio penale
del Tribunale di Ancona, Edi Ragaglia, ha dato appuntamento ad
accusa e difese, a dopo le 18. Sarà una lunga camera di
consiglio per una vicenda giudiziaria che va avanti da quasi
dieci anni. Stamattina non ci sono state repliche da parte del
pm Ruggiero Dicuonzo.
Il sostituto procuratore aveva già formulato nella scorsa
udienza le richieste di condanna per 31 dei 38 imputati rimasti
a processo per peculato (inizialmente erano 55 ma per 16
posizioni è già intervenuta la prescrizione). La vicenda è
quella dei consiglieri regionali e addetti ai Gruppi in carica
tra il 2008 e il 2012 che avrebbero, stando alle accuse,
utilizzato soldi pubblici per spese personali o per attività
politica ma non strettamente attinenti a quelle dei Gruppi
consiliari. Nel mirino della finanza erano finiti costi per
libri, pranzi, spostamenti, acquisti di occhiali, donazioni di
beneficenza e altro.
L'accusa contesta spese indebite per circa 1,2 milioni di
euro di fondi assegnati ai Gruppi. Per sette imputati il pm ha
avanzato richieste tra assoluzioni e prescrizioni. Per un 39/o
imputato deceduto il procedimento si è estinto. Tra le richieste
di condanna quella (3 anni) per il neo sindaco di Ancona,
Daniele Silvetti, assolto dalle accuse in Corte dei Conti:
contestate spese per 5mila euro per contratti di collaborazione
e convegni, tra il 2010 e 2012, quando era capogruppo per Futuro
e Libertà. Tra le istanze di condanna, ci sono anche quelle per
l'attuale presidente del Consiglio Regionale Dino Latini (3
anni), per l'attuale sindaco di Loreto Moreno Pieroni (2 anni e
10 mesi) e per il deputato della Lega Mirco Carloni (2 anni e 10
mesi). Gli imputati sostengono che le spese erano relative al
ruolo istituzionale ricoperto.
Nel 2016 la gup di Ancona Francesca Zagoreo aveva prosciolto
55 imputati, rilevando in sostanza l'attinenza delle spese alle
attività dei Gruppi, e rinviato a giudizio sei con contestazioni
ridotte. Nel 2018 la Cassazione aveva annullato il verdetto, su
ricorso della Procura, innescando la ripetizione del giudizio.
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