"O l'Europa cambia rotta o il suo
declino sarà irreversibile. Dobbiamo difendere il lavoro, la
nostra industria, il futuro delle nostre comunità". Così ieri
l'europarlamentare FdI-Ecr Carlo Ciccili ha concluso il suo
intervento durante la seduta plenaria del Parlamento Europeo,
"invitando tutti a fare i conti con le numerose crisi
industriali in atto che sono anche alimentate dalle decisioni
che in questi anni si sono prese in Europa".
"Ho citato tre case history che riguardano le Marche. La
prima la Beko Europe, newco turco/americana, - ricorda Ciccioli
- che ha annunciato esuberi e chiusure di stabilimenti a Siena e
Comunanza, nell'ascolano, quest'ultima decisione sembra essere
stata scongiurata grazie al fermo intervento del ministro Urso,
che ringrazio. Ma c'è ancora il nodo legato agli esuberi, solo
nelle Marche circa 400 tra la stessa Comunanza e il fabrianese
nell'area tecnica. Proprio a Fabriano a rischiare di perdere il
posto di lavoro sono i 'colletti bianchi' del centro ricerca e
sviluppo e non solo. - prosegue Ciccioli - Eppure, la Beko
Europe ha annunciato il potenziamento di organico delle stesse
funzioni, ma in Turchia. Inaccettabile".
"Il secondo caso, riguarda la Caterpillar di Jesi che, -
scrive Ciccioli - nonostante registrasse buoni utili ogni anno,
ha chiuso e trasferito la produzione in Messico.
"Infine, il Gruppo Fedrigoni che ha dismesso la produzione di
carta per ufficio, determinando 194 esuberi. - elenca
l'eurodeputato - Ancora una volta, grazie all'intervento del
Governo Meloni e della Giunta Acquaroli, si è riusciti a trovare
un accordo per salvaguardare la stragrande maggioranza dei posti
di lavoro, attraverso ricollocazioni e utilizzo degli
ammortizzatori sociali. Dulcis in fundo, però, la Fedrigoni ha
sottoscritto un accordo di licenza valido per 5 anni con un
gruppo tedesco per autorizzare la produzione e distribuzione
della stessa carta per ufficio che a Fabriano non si produce
più. Incredibile, ma vero. Queste non sono semplici crisi
aziendali, ma il sintomo di un'Europa che non sa più proteggere
il proprio tessuto produttivo e occupazionale, e spesso si fa la
lotta tra singole nazioni".
"La verità è che le aziende delocalizzano altrove perché
trovano condizioni imprenditoriali migliori: - avverte ciccioli
- meno burocrazia, un quadro normativo certo, energia a prezzi
accessibili e più incentivi agli investimenti. Credo, allora,
che il mantra del 'nessuno dovrà essere lasciato indietro', con
il quale la Commissione tenta di rassicurarci da anni, abbia
perso ogni fondatezza, perché non solo qualcuno è stato lasciato
indietro, ma intere famiglie e territori sono stati travolti da
un'ondata di chiusure, delocalizzazioni e licenziamenti. Occorre
- conclude - cambiare schema di gioco e farlo anche in fretta".
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