A Belgrado prosegue il blocco
della sede centrale della tv pubblica Rts da parte degli
studenti in agitazione, cominciata il 14 aprile e che oltre a
provocare seri disagi e disfunzioni nella programmazione
dell'emittente sta determinando prese di posizione sempre più
dure e categoriche da parte della dirigenza serba. L'azione di
protesta, motivata con il modo ritenuto non corretto e oggettivo
di riferire sulle iniziative del movimento degli studenti, e con
la quale si chiede il rinnovo degli organi di controllo di Rts,
viene definita inaccettabile dal governo e dal presidente
Aleksandar Vucic, in aperta violazione dei diritti
all'informazione e contro ogni regola di convivenza civile e
democratica. Il ministro degli Esteri Marko Djuric ha detto oggi
che il blocco della sede di Rts viola l'articolo 50 della
costituzione serba che garantisce la libertà di espressione, e
l'articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani che
garantisce la libera attività dei media, oltre a danneggiare
l'immagine internazionale della Serbia. Nei giorni scorsi
Djuric, in una lettera aperta, aveva denunciato tale critica
situazione ai rappresentanti delle principali istituzioni
internazionali. Di tenore analogo la posizione espressa dal
nuovo ministro dell'informazione e telecomunicazioni Boris
Bratina, per il quale è evidente ormai che le azioni di protesta
del movimento degli studenti abbiano un evidente obiettivo
politico - scalzare dal potere il presidente Vucic inducendolo
alle dimissioni, e formare un governo transitorio che porti il
Paese a nuove elezioni. Uno scenario questo che è stato a più
riprese evocato e respinto con forza dalla dirigenza di
Belgrado. Finora le autorità non hanno autorizzato l'intervento
delle forze di polizia per sgomberare l'area teatro della
protesta e del blocco delle entrate della tv serba,
nell'evidente intento di evitare accuse da parte dell'Occidente
di far uso della forza contro manifestanti pacifici. Uso della
forza, sostiene Belgrado, che invece nei Paesi occidentali viene
utilizzata molto più spesso in situazioni anche meno critiche di
quelle attuali alla tv di Belgrado.
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