Il recupero dell'economia del
Piemonte dopo la pandemia c'è, ma si inserisce in un contesto di
lungo periodo non favorevole: tra il 2000 e il 2019 la crescita
è stata dello 0,7%, di gran lunga inferiore a quella delle altre
regioni del Nord (+9,7%). Pesa la "deludente performance" di
Torino (-0,6%), soprattutto rispetto a quella delle altre città
metropolitane del settentrione (+17,3%). Un divario non
riconducibile alla composizione settoriale dell'economia
torinese, ma alla più bassa produttività complessiva. Lo rileva
Banca d'Italia nel Rapporto sull'economia piemontese, illustrato
da Cristina Fabrizi e Silvia Anna Maria Camussi della sede di
Torino.
L'economia piemontese nel 2022 è cresciuta del 3,7%, come
quella nazionale- spiega Banca d'Italia - e ha recuperato i
livelli pre-pandemia, nonostante il peggioramento del quadro
economico fino al terzo trimestre. Per il 2023 la previsione è
di una modesta crescita dei ricavi e una debolezza degli
investimenti, con aspettative meno favorevoli per le imprese di
minori dimensioni, ma possono aiutare i fondi del Pnrr. A maggio
2023 risultano assegnati a enti pubblici del Piemonte 7,8
miliardi di euro delle risorse da spendere nella regione, il
6,9% del totale nazionale. Riguardano soprattutto la mobilità
sostenibile e la transizione verde. "Per il settore delle
costruzioni, i fondi del Pnrr possono compensare in parte il
graduale venire meno del Superbonus, con un aumento
dell'occupazione, 2.800-2.900 lavoratori in più all'anno. I
Comuni avranno tra il 2023 e il 2026 il doppio delle risorse da
spendere" ha spiegato Fabrizi.
Secondo un indicatore elaborato dalla Banca d'Italia
l'esposizione dell'economia del Piemonte al nuovo scenario
geopolitico internazionale - protezionismo, pandemia e tensioni
geopolitiche - è inferiore a quella media nazionale e tra le più
basse del Centro-Nord.
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