Le Procure Distrettuale e Generale
di Catania hanno presentato due ricorsi contro il rigetto da
parte del Tribunale della richiesta della Dda di emettere una
misura di prevenzione per il boss ergastolano Aldo Ercolano,
nipote dello storico capomafia Benedetto Santapaola. Nel
rigettare la proposta il Tribunale aveva, tra l'altro, rilevato
che Ercolano "nel corso della pluridecennale carcerazione ha
lasciato intravedere concreti risultati nel suo percorso di
risocializzazione e, conseguentemente, un tangibile abbandono
dal suo percorso criminale".
Nel ricorso alla Corte d'appello presentato dalla Dda, il
procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Fabio
Regolo citano conversazioni registrate con due esponenti di
spicco di Cosa nostra, Giuseppe Cesarotti e Giuseppe Mangion,
detto Enzo, definendole la "plastica dimostrazione di come"
Ercolano, che "non ha mai dato segnali di alcun genere che
provassero la formale interruzione dei rapporti con l'ambiente
mafioso del quale egli rappresenta il vertice" e che, nonostante
sia detenuto, "costituisca un vero collante rispetto alla
concreta operatività dell'associazione che porta il suo nome".
La Procura generale, diretta da Carmelo Zuccaro, nel ricorso
presentato dal sostituto Pg Nicolò Marino rileva che "non v'è
dubbio" che Aldo Ercolano "è stato e sia" un "punto di
riferimento di quell'ala oltranzista e sanguinaria" di Cosa
nostra che "ha segnato di sangue la storia del nostra Paese".
Secondo la Procura generale, inoltre, Ercolano avrebbe cercato
di crearsi "un simulacro di correttezza comportamentale" attorno
a sé. E sostegno di questa tesi il sostituto Pg cita
conversazioni registrate tra Aldo Ercolano e la moglie in cui il
boss "richiama in maniera maniacale i propri familiari a non
ostentare un tenore di vita che possa destare l'attenzione"
della magistratura e di "veicolare attraverso lei"
l'iniziativa di "denunciare il collaboratore di giustizia
Maurizio Avola (che ha accusato lui, Eugenio Galea e Marcello
D'Agata di avere preso parte alla fase esecutiva della strage di
via D'Amelio a Palermo) e il giornalista Michele Santoro, per
dare l'immagine di "un nuovo Ercolano" che per la Procura non
c'è.
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