Un'azienda palermitana si è
ritrovata con il conto aziendale svuotato a seguito di una
sofisticata truffa online. L'arbitro bancario e finanziario ha
accolto il ricorso presentato dallo studio legale Palmigiano e
Associati e stabilito che la banca deve rimborsare integralmente
la somma sottratta, pari a 47.615,50 euro. Rimborso che è già
stato effettuato.
Tutto ha avuto inizio nel maggio 2024, quando il legale
rappresentante della società, unico titolare delle credenziali
bancarie, ha ricevuto un sms apparentemente inviato da Nexi, la
società che fornisce servizi di pagamento per l'istituto di
credito con cui l'azienda intrattiene rapporti, l'allora Banca
Popolare Sant'Angelo. Il messaggio segnalava un pagamento di
1.800,60 euro. Subito dopo un altro sms, con invito a cliccare
su un link per bloccare il pagamento, se non fosse stato lui ad
autorizzarlo. Si apriva una pagina dove inseriva i propri codici
di accesso al conto, su indicazione di un sedicente operatore
che, nelle more, contattava il legale rappresentante della
società. Lo stesso, in buona fede e nel timore della frode in
corso, seguiva quindi la procedura indicata. Tuttavia, soltanto
dopo appurava che, nel giro di poco, erano stati effettuati 11
bonifici istantanei, per un totale di 47.615,50 euro.
Nonostante la tempestiva denuncia alla polizia postale e il
reclamo presentato alla banca, l'istituto di credito ha respinto
ogni responsabilità, rifiutandosi di rimborsare la somma
sottratta. Gli avvocati Alessandro Palmigiano e Mattia Vitale
hanno evidenziato come la banca non avesse adottato adeguate
misure di sicurezza per prevenire la frode, in particolare un
sistema di autenticazione forte, che avrebbe potuto impedire le
operazioni non autorizzate. Inoltre, vista l'evidente anomalia
delle transazioni, l'istituto bancario avrebbe dovuto attivarsi
sin da subito con tutte le contromisure necessarie per tutelare
l'interesse del proprio correntista, contattandolo
tempestivamente e procedendo con il blocco cautelativo del conto
corrente, per effettuare le opportune verifiche. Invece, nulla
di tutto ciò è accaduto, ragione per cui i truffatori sono stati
lasciati indisturbati nello svuotare il conto. In
considerazione di tutto ciò, la banca era responsabile
dell'accaduto e, quindi, doveva rimborsare la somma sottratta.
La banca si è difesa sostenendo di disporre di un sistema di
sicurezza avanzato, che prevedeva la conferma telefonica dei
bonifici. Tuttavia, la verifica dei tabulati telefonici della
cliente ha smentito questa affermazione: nessuna chiamata di
conferma era stata effettuata per autorizzare le 11 operazioni
fraudolente.
"La crescita dei casi di truffe bancarie attraverso prelievi,
messaggi, telefonate o email che sembrano arrivare dalle proprie
banche dimostra come, in molti casi, i sistemi di sicurezza
degli istituti di credito non siano sicuri- dice l''avvocato
Alessandro Palmigiano -. Ci sarebbero strumenti tecnologici per
evitare queste truffe ma questo richiede che le banche facciano
degli investimenti in sistemi di sicurezza più avanzati. Non è
possibile far ricadere il rischio di impresa sui clienti".
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