"Difficile pensare" al servizio di assistenza spirituale negli ospedali emiliano-romagnoli "come a ad una fonte di guadagno: ogni prete riceve un sostentamento mensile e anche noi, tra parrocchia, ospedale e qualche altra cosa - non poche - abbiamo di che campare. L'esistenza di questo accordo è completamente al di là dei nostri pensieri e dei nostri tornaconti". E' quanto scrivono, in una nota, monsignor Giovanni Nicolini, vicario curato al Policlinico S. Orsola, e monsignor Francesco Scimè, direttore dell'Ufficio diocesano di Pastorale Sanitaria. Riflettendo sulle considerazioni emerse sulla stampa nei giorni scorsi riguardo i compensi alla comunità ecclesiale per il servizio di assistenza spirituale negli ospedali, Nicolini e Scimè sottolineano come la "nostra esperienza" sia collegata "ad una Legge Regionale del 1989, che prevede che in ogni ospedale pubblico sia presente un 'assistente religioso' ogni 250 posti letto, stipendiato dall'Azienda Sanitaria: evidentemente il Legislatore ha ritenuto che tale attività sia utile allo scopo generale del sistema sanitario, che è la salute del paziente, nel senso più alto del termine".
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