Dovevano essere due mesi di convalescenza stretta. Secondo i medici il Papa avrebbe dovuto riprendere l'attività a fine maggio, questo almeno quanto era stato detto ai giornalisti al momento delle dimissioni dal Policlinico Gemelli il 23 marzo. Ma forse nessuno aveva realizzato che Bergoglio premeva per uscire dall'ospedale, non per stare a casa ma per tornare tra la gente. La linfa vitale che lo ha accompagnato in questi dodici anni e fino all'ultimo.
Ieri il grande saluto con il giro a sorpresa in papamobile. Era, e ha voluto rimanere fino all'ultimo, il Papa della gente. Francesco, tra una terapia e l'altra, ha vissuto l'ultimo mese della sua vita intensamente, senza risparmiarsi. Tante le uscite a sorpresa alla ricerca di quel contatto umano.
Al Gemelli e a Casa Santa Marta è sempre stato circondato non solo dalle cure ma anche dall'affetto degli operatori sanitari e dei suoi più stretti collaboratori. Ma Francesco è quello che girava in tasca con le caramelle per i bambini, che gli piaceva scambiare due parole con gli anziani, fare battute e ridere. Non poteva restare chiuso in quel secondo piano di Santa Marta.
Il primo fuoriprogramma è proprio il 23 marzo, quando lascia l'ospedale romano e arrivato vicino al Vaticano, chiede ai suoi di continuare fino a Santa Maria Maggiore. Vuole portare alla Madonna il mazzo di fiori gialli che le aveva donato una signora. Troppo prematuro scendere, andare fino alla cappella della Salus. Li consegna, forse suo malgrado, al cardinale Rolandas Makrickas. I primi giorni obbedisce ai medici, lavora ma non riceve le persone. Fa la fisioterapia.
Ma il 6 aprile decide che non può restare a casa quando la piazza è piena di malati che celebrano il loro Giubileo. Malato tra i malati, a sorpresa si reca a Piazza San Pietro per salutarli. Batte con il dito il microfono per essere sicuro che funzioni e poter fare sentire così la sua voce. "Buona domenica a tutti. Grazie tante", le poche parole che riesce a dire emozionando le migliaia di pellegrini presenti. Quel giorno il Papa vive il suo Giubileo, confessandosi e attraversando la Porta Santa. Ha il tempo in basilica di salutare suor Francesca, 94 anni, in pellegrinaggio da Napoli.
Il 9 aprile riceve a Santa Marta Carlo e Camilla. Non era in agenda ma sarà solo uno dei tanti incontri a sorpresa di queste quattro settimane.
Il 10 aprile è il giorno del poncho: scende in basilica per pregare così come era vestito a casa, pantaloni neri e poncho argentino. Saluta bambini e anche le restauratrici alle prese con gli ultimi ritocchi nella basilica.
Il 12 aprile va a Santa Maria Maggiore, la visita numero 126, e anche l'ultima, nella sua chiesa preferita, dove ha anche fatto preparare la sua tomba.
Domenica 13 aprile comincia la Settimana Santa con le Palme: alla fine della messa arriva, spinto sulla carrozzina. Il tempo di augurare a tutti: "Buona Domenica delle Palme, Buona Settimana Santa!".
Giovedì Santo, 17 aprile, decide di andare dai suoi detenuti, nel carcere di Regina Coeli. "Non posso fare la lavanda dei piedi", dice quasi scusandosi. Resta l'immagine del suo bacio inviato con la mano ai detenuti rimasti dietro la vetrata e le grida dalle celle che arrivavano fino in strada: "Francesco, Francesco". Per i vaticanisti che lo seguono da dodici anni resta anche l'ultimo incontro faccia a faccia. Lui esce dalla porta carraia del carcere e si ferma per rispondere, con un filo di voce e la faccia sofferente, ad alcune domande. Alla domanda corale 'Santità, come sta?', risponde con la sua proverbiale ironia: "Seduto". E poi quel congedo umile: "Vivrò la Pasqua come posso".
Il resto è storia delle ultime ore: il 19 aprile, Sabato Santo, la preghiera in basilica prima della veglia. Ieri un breve saluto al vicepresidente Usa JD Vance, l'Urbi et Orbi dalla Loggia. "Cessate il fuoco", il suo ultimo appello. Poi il giro nella papamobile per un saluto, l'ultimo, alla gente.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA