Roma ha col cinema un legame antico, unico. Senza Roma, senza Alberto Sordi, Monica Vitti o La Dolce Vita, "la storia del cinema mondiale sarebbe diversa". È da qui, dal rispetto profondo per la storia della Festa del Cinema e del legame tra cinema e città che si dipana la visione di Gianluca Farinelli, neo presidente del Cda della Festa di Roma. Bolognese, classe '63, una vita nel cinema e per il cinema. Lavora nel settore da quando aveva 17 anni e negli ultimi 22 anni ha legato il suo nome al capoluogo emiliano, direttore di una delle sue perle culturali, la Cineteca, rinomata in tutto il mondo. E a livello internazionale è tra i massimi esperti di restauro cinematografico.
Negli ultimi anni è stato "conteso" da "diverse istituzioni, anche molto prestigiose, non italiane. Ho sempre detto di no", dice Farinelli all'ANSA. Però alla chiamata della Capitale, dopo un lungo corteggiamento, non ha potuto opporre rifiuto. "Lo considero un riconoscimento per niente scontato del lavoro fatto non solo da me, ma da tutta la squadra in questi anni a Bologna. Traguardo importante e molto inatteso". Farinelli assicura che il nuovo ruolo, da presidente, potrà "convivere" con quello di direttore a Bologna, quest'ultimo un incarico "molto operativo", mentre per la Festa di Roma sarà più "ideativo e di indirizzo". Alla kermesse capitolina porterà la sua "esperienza, quello che ho imparato in 30 anni di lavoro". E il primo punto all'ordine del giorno sarà la nomina del nuovo direttore. "O della nuova direttrice", puntualizza. Annuncio che arriverà "molto rapidamente", promette. Sull'evento in sé, sui programmi per la Festa del Cinema non si sbilancia in proclami. "È presto e non sarei credibile", ma è chiaro da dove parta, e dove porti, la sua visione. Consapevole della complessità di una città come Roma, "che è tante città" e ha "tante teste molto pensanti con cui mi voglio confrontare". Anche qui, su questa sorta di realtà aumentata rispetto alla dimensione - pur di grande respiro - bolognese, Farinelli lavorerà su un nodo centrale. "La cosa più importante che ho fatto in vita mia - dice - è stata quella di sviluppare una relazione tra città e cinema. Roma questa relazione ce l'ha da 110 anni. È la capitale del cinema mondiale. Se togliessimo il contributo di Roma, il cinema mondiale sarebbe diverso. Se sparissero Sordi, Mastroianni, Antonioni, Vitti, Leone, La dolce vita... non solo la storia del nostro Paese, ma quella del cinema mondiale sarebbe molto diversa". Roma "è una città che ha storia irripetibile, ricchissima, che non può non portarci nuova linfa vitale. E va affrontata come una grande metropoli moderna, che vuole fare della cultura uno dei suoi strumenti chiave. Del resto finalmente abbiamo capito che cultura è anche economia, posti di lavoro".
Il cinema, come la cultura in generale, è antidoto alle crisi, strumento per capirle meglio e forse uscirne migliori. "Ce ne siamo già accorti in pandemia, c'è bisogno degli sguardi e delle intuizioni degli artisti". L'attualità richiama a scenari ancora cupi. La guerra tra Russia e Ucraina, "assurda, priva di senso e immorale come tutte le guerre", sta "già avendo ripercussioni drammatiche sulla nostra vita quotidiana, dalle bollette agli approvvigionamenti". "L'unica cosa" positiva in questo frangente, afferma, "è la voce unica dell'Europa, altissima, per una esigenza di pace".
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