È un Riva che non segna. Ma che è
più filosofo del suo allenatore preferito, Manlio Scopigno. Si
interroga allo specchio, si fa domande sul senso della vita. Si
chiede: chi sono io. Non ha la maglia rossoblu, ma ha i capelli
bianchi. E, seduto in una poltrona verde, parla con se stesso e
con Dio. E gioca l'ultima sfida, quella dell'immortalità. Non
perché voglia che il suo mito sia eterno: gloria e successi sono
il passato, senza rimpianti. Ma per chiudere il cerchio. Per
riprendersi la sua infanzia, sconvolta dai letti di morte: del
padre, della madre e della sorella.
È un Rombo di tuono mai visto e mai sentito quello dell'opera di
Giorgio Pitzianti, "Luigi", andata in scena in anteprima ieri
all'auditorium del Conservatorio G.P. da Palestrina di Cagliari,
proprio quattro giorni dopo il suo 70/o compleanno. Ma l'11/11,
undici come la sua maglia ritirata per sempre dal campo dal club
rossoblu.
Nello spettacolo a teatro, la voce che ha raccontato i pensieri
del bomber è stata quella di Luca Ward. "Io ho vissuto Riva - ha
raccontato l'attore-doppiatore dopo lo spettacolo - e ho
faticato molto in questa interpretazione. Perché alcuni aspetti
della sua vita sono stati identici a quelli della mia vita".
Lui, Gigi Riva non c'era. Mai amate le "prime" e le
celebrazioni. Sempre stato schivo: impossibile per lui essere
spettatore di uno spettacolo che - parole di Pitzianti - nasce
proprio dalla voglia di scoprire che cosa c'è dietro lo sguardo
di Luigi. Dietro quegli occhi c'è una vita in sei atti
raccontata, non solo da Ward, ma anche dalle musiche originali
cantate e suonate dagli artisti del Conservatorio di Cagliari.
Un cammino di dolore che inizia con un'infanzia felice nella
casa e nei boschi di Leggiuno con tutti i familiari accanto. E
che diventa dramma con la morte del padre, della sorella e della
madre. Poi il monologo finale, quasi una scommessa con il
Padreterno. "Punto tutto sulla vittoria impossibile - dice a se
stesso - voglio rivedere la mia famiglia"
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