In principio fu l'uomo nel baule. Un
cadavere, ritrovato nel marzo 1909 a Roma in una camera in
affitto. Elementi per identificarlo, nessuno. In quegli anni,
gli omicidi erano quasi all'ordine del giorno, ma in questo caso
- e per la prima volta - i rilievi antropometrici e le impronte
digitali dello sconosciuto furono trasmessi alle polizie estere.
La risposta, insperata, arrivò dalla Polonia. La vittima si
chiamava Edmondo Tarantowicz, ed era stato ucciso - si sarebbe
scoperto poi - in un'intricata vicenda di spionaggio
internazionale. Per la prima volta la polizia scientifica,
fondata nel 1902 dal medico astigiano Salvatore Ottolenghi,
aveva risolto un caso applicando in maniera rigorosa il metodo
scientifico. E, da quel momento, la criminologia non sarebbe
stata più le stessa.
Una storia pionieristica raccontata dallo Speciale "Quelli
della scientifica", in onda martedì 10 ottobre alle 22.10 su Rai
Storia, che - con il contributo di esperti appartenenti alla
Polizia e attraverso le immagini dell'Archivio storico della
Polizia di Stato - ricostruisce l'"ingresso" della scienza nel
campo della criminologia. Le radici dell'idea di Ottolenghi
avevano un nome preciso: Cesare Lombroso, padre della
criminologia italiana. Per Lombroso la scienza era la base di
tutto ed era convinto che la polizia dovesse sfruttarla per
risolvere i casi di omicidio e non solo.
Salvatore Ottolenghi era tra i suoi allievi, ma compì un
passo in più rispetto al maestro. Dopo il regicidio di Umberto I
in un attentato a Monza il 29 luglio del 1900, il presidente del
consiglio Zanardelli permise al medico di formare, nel 1902, la
scuola di polizia scientifica. Tra i suoi allievi c'erano
Giovanni Gasti, Umberto Ellero e Giuseppe Falco con cui avrebbe
creato una squadra vincente, mettendo a punto tecniche e regole
per i sopralluoghi sulla scena di un crimine ancora oggi valide.
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