(di Alessandra Moneti)
I dazi minacciati dal presidente
degli Stati Uniti Donald Trump rischiano di penalizzare le
produzioni made in Italy più competitive per il rapporto
qualità-prezzo, e non le nicchie del lusso. E a soffrire
potrebbero essere soprattutto alcuni dei prodotti più diffusi
del settore agroalimentare, come emerge da uno studio Nomisma
per Cia-Agricoltori Italiani: il pecorino romano in primis,
consumato perlopiù grattugiato e quindi più facilmente
sostituibile con similiari in caso di forte rialzo dei listini.
Con l'eventuale ritorno in auge delle barriere commerciali,
poi, nel mercato a stelle e strisce tra i prodotti più
vulnerabili risultano il sidro di mele, gli oli e gli aceti. Ma
anche vini Dop con prezzi di fascia media, come il 're'
prosecco: "Quasi il 98% delle bottiglie italiane", stima
l'Unione Italiana Vini (Uiv) nel segnalare la corsa agli
acquisti in atto Oltreoceano. Secondo l'Osservatorio Uiv,
l'ultimo bimestre 2024 si è chiuso con un exploit di crescita
del 20% del volume dell'export rispetto allo stesso periodo
dell'anno precedente. Mentre con l'ipotesi dazi al 25% il danno
per il vino italiano potrebbe essere di circa 470 milioni di
euro solo per gli effetti diretti della domanda Usa, senza
contare quelli indiretti sull'export globale che spostano il
conto dei danni a quasi un miliardo di euro.
Per il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini "urge
un'azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non
compromettere i traguardi raggiunti finora. L'export
agroalimentare negli Usa è cresciuto del 158% in dieci anni e
oggi gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di
riferimento mondiale per cibo e vino made in Italy, con 7,8
miliardi di euro messi a segno nel 2024".
"Sui dazi Usa - ha detto il ministro dell'Agricoltura
Francesco Lollobrigida alla X Conferenza economica della Cia -
condividiamo ogni strada che venga percorsa insieme dall'Unione
Europea. Stiamo collaborando per avere una posizione unitaria
dell'Ue". Alla Fiera di Verona prova a calmare gli animi Matteo
Salvini, ricordando che "sia con Trump che con Biden l'Italia
ebbe non la fortuna, ma l'abilità di contrattare, ed alcuni
prodotti, ad esempio il vino, furono esentati dai dazi".
Mentre il capogruppo Pd in commissione Agricoltura e
segretario di Presidenza della Camera, Stefano Vaccari, presente
alla Conferenza Cia, chiede per il comparto agricolo un piano
strategico nazionale. Intanto la Arnaldo Caprai di Montefalco,
uno dei produttori più noti di Sagrantino, ha già spostato negli
States tutto il prodotto necessario a coprire il proprio mercato
Usa fino al primo trimestre 2026. Diversificare in più mercati e
posizionarsi nell'alto di gamma è la ricetta della veneta Pasqua
Vini che propone di far assorbire eventuale dazi "un terzo dal
produttore, un terzo dal dealer e un terzo dal cliente per
quelli di fascia alta". "Il vino italiano - conclude il
presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella - ha un grande
appeal negli Stati Uniti, è un'icona al pari del Parmigiano e,
quindi difficilmente i consumatori rinunceranno alle nostre
bottiglie, anche se inevitabilmente una contrazione dei consumi
ce la dovremmo attendere".
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