Il presidente del Sudafrica,
Cyril Ramaphosa, ha reagito all'ordine esecutivo
dell'amministrazione Trump, che offre il reinsediamento negli
Usa degli agricoltori afrikaner espropriati in quella che la
Casa Bianca considera "vittime di ingiusta discriminazione
razziale": "Non abbiamo intenzione di partecipare a una
controproducente diplomazia del megafono. Restiamo impegnati a
costruire una relazione politica, commerciale e diplomatica
reciprocamente vantaggiosa con gli Stati Uniti, in particolare
con l'amministrazione Trump".
La dichiarazione, affidata al portavoce di Ramaphosa, Vincent
Magwenya, è seguita a una dichiarazione rilasciata oggi
dall'Ambasciata degli Stati Uniti a Pretoria, nella quale si
legge che "l'ordine esecutivo del Presidente Trump ha messo in
moto il coordinamento tra il Dipartimento di Stato degli Stati
Uniti e il Dipartimento della Sicurezza Nazionale per
considerare l'ammissibilità al reinsediamento negli Stati Uniti
dei rifugiati afrikaner, minoranza etnica sfavorita, vittime di
ingiuste discriminazioni razziali".
Nell'ordine esecutivo, datato 7 febbraio, Trump,
apparentemente ispirato da disinformazione della estrema destra
sudafricana, aveva tagliato tutti gli aiuti al Sudafrica,
citando tra varie ragioni, la legge sull'esproprio recentemente
promulgata e quelle che vengono definite "posizioni aggressive
del Paese nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati".
La nuova legge sudafricana sulla terra non contiene in realtà
alcuna clausola che riguardi specificamente le terre di
proprietà dei bianchi o degli afrikaner e consente l'esproprio
senza indennizzo solo in circostanze molto specifiche.
Trump ha ripetuto di nuovo sui social media che le fattorie
sudafricane vengono confiscate dal governo e che "Il Sudafrica
si sta comportando in modo terribile con gli agricoltori di
lunga data del Paese", come il presidente Usa ha postato su
Truth.
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