Processo concluso e conto alla
rovescia in attesa della sentenza per il colosso minerario
australiano Bhp, trascinato in sede civile dinanzi all'Alta
Corte di Londra per le sue responsabilità nella tragedia della
diga di Mariana: il cui cedimento, avvenuto nel 2015, provocò la
morte di 19 persone e il peggior disastro ambientale noto nella
storia del Brasile.
L'ultima udienza si è chiusa oggi di fronte ai giudici
togati londinesi, dopo 5 mesi di sedute. Il procedimento,
innescato da una class action presentata nel Regno Unito - dove
Bhp ha una sua sede legale - da autorità locali, imprese e
popolazioni indigene brasiliane colpite dalla catastrofe, mira
al riconoscimento di risarcimenti record che potrebbero
ammontare fino a 36 miliardi di sterline (circa 43 miliardi di
euro).
Ma la complessità del caso richiederà un esame approfondito
degli elementi raccolto, hanno fatto sapere fonti giudiziarie,
indicando giugno o luglio come scadenze probabili per il
verdetto.
"Bhp - hanno intanto ribadito gli avvocati dei ricorrenti a
margine dell'udienza conclusiva - era consapevole fin
dall'inizio del pericolo legato ai residui della diga per le
comunità circostanti e per l'ambiente". Di qui la portata di una
richiesta d'indennizzo per danno ambientale che, se accolta,
supererebbe complessivamente il totale combinato pagato da
Volkswagen per il Dieselgate e da BP per la catastrofe della
piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Il gigante minerario
australiano, il più grande al mondo nel settore per valore di
mercato, ha da parte sua contestato la legittimità della class
action attraverso il proprio team legale, liquidandolo come
"duplicazione" di una serie di accordi di risarcimento già
definiti o avviati in Brasile.
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