La procura di Prato ha inviato avvisi di garanzia alla società Eni spa, e a nove persone - sette dirigenti di Eni e due della società appaltatrice Sergen - per le ipotesi, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali per l'esplosione del 9 dicembre 2024 al deposito Eni di Calenzano (Firenze), che causò cinque morti e ingenti danni materiali. Lo ha reso noto il procuratore Luca Tescaroli.
Le nove persone fisiche, i sette dirigenti di Eni, più il datore di lavoro e il preposto alle attività di Sergen, sono indagati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali, mentre l'Eni spa, sede di Roma, è indagata ai sensi della L.231 sulla responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni.
Nelle indagini, ha spiegato il procuratore capo Luca Tescaroli, sono emerse condotte di responsabilità oggettiva da parte di Eni s.p.a. La società "è oggetto di illecito amministrativo" anche "per la condotta di uno dei nove indagati, il quale avrebbe "tentato in qualche modo di ostacolare le indagini" sulle cause dell'esplosione creando una cartella documentale emersa più di un mese dopo l'esplosione. Nella cartella, con documenti e appunti che compaiono per la prima volta il 27 gennaio, si dà conto della richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole.
La procura di Prato ha deciso che si svolga un incidente probatorio alla luce dei risultati investigativi sulle esplosioni del 9 dicembre 2024 al deposito Eni di Calenzano (Firenze), che causò cinque morti e ingenti danni materiali. Lo ha reso noto il procuratore Luca Tescaroli anche "a tutela degli indagati".
Le quattro esplosioni al deposito Eni di Calenzano (Firenze) sono state un "evento prevedibile e evitabile" sulla base di risultanze investigative. Lo ha detto il procuratore di Prato Luca Tescaroli parlando di "errore grave e inescusabile" secondo quanto emerge dall'analisi della documentazione di sicurezza rilasciata a Eni a Sergen, e dalle attività di Sergen, "vale a dire la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore", che "ha generato calore in un'area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA