Migliorare il sistema regionale
antiviolenza ed uniformare le risposte ai bisogni di donne e
minori vittime di violenza su tutto il territorio umbro,
favorendo la cooperazione tra centri e altri attori del sistema,
a garanzia di una gestione integrata dei casi. Parte da Villa
Umbra il progetto sperimentale, promosso e finanziato dalla
Regione Umbria, volto ad aumentare la performance della rete
territoriale e rispondere ancor meglio ai bisogni delle vittime
di violenza.
Il progetto, affidato alla Scuola umbra di amministrazione
pubblica, risponde al Programma regionale di prevenzione e
contrasto della violenza di genere, approvato con la Dgr. 365
nel 2021. Prevedeva inizialmente due percorsi paralleli:
definizione di un "Progetto di supervisione esterna sui casi e
sul lavoro di equipe" e "Progetto qualità". Nello sviluppo
progettuale - spiega una nota della Regione - si è deciso di
realizzare un percorso integrato di crescita del sistema,
nell'ottica del miglioramento continuo.
Il percorso è stato avviato stamani, 7 giugno, da Cristina
Strappaghetti e Davide Ficola, rispettivamente responsabile e
coordinatore del progetto per conto del Consorzio formativo
umbro. In programma, a giugno, tre giornate di confronto rivolte
alle operatrici dei Cav (Centri antiviolenza) umbri, al
personale del Centro pari opportunità e del servizio regionale
competente. Teresa Bruno, psicologa psicoterapeuta, già
presidente dell'Associazione Artemisia di Firenze interverrà nel
percorso sperimentale a fianco di Daniela Gabellini,
amministratore delegato e direttore generale di Italian Quality
Company, e di Saverio Ruggeri, esperto in sistemi di gestione
qualità e accreditamento Iso 9001-2008 E 2015, Iso 15189-2012.
"Il progetto sperimentale, partito oggi - affermano i tre
formatori nella nota - è ambizioso ed innovativo. L'obiettivo è
rafforzare e valorizzare i punti di forza del sistema regionale
e consolidarlo come buona pratica trasferibile. Si tratta di
integrare logica e requisiti della qualità con l'attività svolta
dai Centri antiviolenza e integrare la rete territoriale. Il
primo passo è rendere visibile l'attività dei Cav e, poi,
verificare i risultati per garantire un miglioramento continuo".
L'Umbria, secondo una rilevazione condotta dall'Istituto
nazionale di Statistica "sulle prestazioni e i servizi offerti"
rispettivamente dai Centri antiviolenza e dalle Case rifugio,
realizzata in collaborazione con il dipartimento per le Pari
Opportunità presso la Presidenza del Consiglio e le Regioni,
presenta più Centri antiviolenza rispetto a Case rifugio.
I Centri antiviolenza e le Case rifugio, sottolinea l'Istat,
hanno caratteristiche strutturali e organizzative proprie che
definiscono la natura stessa dei servizi erogati: la
raggiungibilità e la vicinanza dei Centri antiviolenza alle
donne che cercano un contatto; la protezione e la messa in
sicurezza delle donne nelle Case rifugio. Nel 2021, rileva
l'indagine, è cresciuto il numero di chiamate valide al 1522
(36.036), 13,7% in più dell'anno precedente (31.688). Le
percentuali di indirizzamento delle richieste verso i Cav sono
superiori alla media nazionale (90,1%) in Umbria (94,2%), Molise
(93,9%,) Puglia (93,5%) e Lombardia (92,9%) e inferiori in
Emilia-Romagna (89,1%), Abruzzo (87,6%), Marche (85,2%) e
Friuli-Venezia-Giulia (83,6%).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA