(di Manuela Tulli)
È una piccola curiosità
storica legata agli effetti dell'8 settembre del 1943, del quale
in questi giorni cade l'ottantesimo anniversario. Per scoprirla
bisogna entrare in una sala affrescata nella Terza Loggia del
Palazzo Apostolico, la cui ideazione viene attribuita a
Raffaello, oggi adibita a sala di attesa. La loggetta faceva
parte dell'appartamento del cardinale Bernardo Dovizi da
Bibbiena, stretto collaboratore di Papa Leone X. "Qui, abilmente
camuffata tra il fogliame delle decorazioni, nel muro dello
stipite di una finestra, si legge una piccola scritta:
'mortemussolini'". Lo rivelano Andrea Tornielli e Roberto Cetera
in un articolo uscito in questi giorni sull'Osservatore Romano.
Non si sa molto del perché e neanche sull'autore di questa
'firma' all'interno del Sacro Palazzo. Potrebbe essere
"probabilmente, l'invettiva che un ignoto decoratore
antifascista ha voluto immortalare in un angolino poco visibile,
rendendola assai difficilmente distinguibile", riferiscono gli
autori della scoperta, Tornielli, direttore editoriale dei media
vaticani, e Cetera, giornalista dell'Osservatore Romano. "Una
scritta che a suo modo attesta quanto Pio XII e la Santa Sede
fecero negli anni della seconda guerra mondiale per aiutare i
perseguitati", commenta il giornale del Papa precisando: "La
permanenza negli anni della scritta nascosta, sintomo del clima
dell'epoca e certamente sconosciuta ai committenti di allora,
non sposta di un millimetro la radicata convinzione
dell'inviolabilità di ogni vita".
Anche se non è possibile risalire all'autore, c'è un
collegamento con alcune carte depositate nell'archivio dello Yad
Vashem. E' infatti conservato un documento contenente una
lettera della ditta di decorazioni Valci datata 30 gennaio 1944,
che in calce riporta un'attestazione del direttore generale dei
Servizi tecnici della Città del Vaticano. Vi si legge che la
ditta ha assunto in qualità di decoratore il signor Mario
Bianchi, nato a Bari nel 1907. Mario Bianchi è il falso nome di
Ulisse Finzi, ebreo milanese e noto antifascista, più tardi
marito di Matilde Bassani, protagonista della Resistenza. Il
documento, rilasciato dopo l'armistizio e l'arrivo dei tedeschi
a Roma, doveva evidentemente servire come lasciapassare.
Proprio negli 1943-1946 la loggetta venne sottoposta a lavori
di restauro. "È possibile che l'invettiva antifascista nascosta
nell'affresco - concludono Tornielli e Cetera - sia in qualche
modo legata alla presenza di maestranze di ditte come la
'A.Valci Decorazioni e Verniciature' (di cui Finzi era
dipendente; anche se sicuramente non era decoratore), che
avevano accesso al Vaticano in un momento in cui la Santa Sede,
e a ricaduta tanti conventi e ordini religiosi, si stavano
impegnando per salvare i perseguitati in una Roma ormai in mano
ai nazisti dopo l'armistizio dell'8 settembre".
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