"Non ci sarebbe sulla Cattedra di
Pietro questo Papa polacco, se non ci fosse la tua fede, che non
ha indietreggiato dinanzi al carcere e alla sofferenza. Se non
ci fosse la tua eroica speranza, la tua fiducia senza limiti
nella Madre della Chiesa": a ricordare queste parole di Giovanni
Paolo II, scritte in una lettera nel 1978, al cardinale Stefan
Wyszynski, è stato oggi a Varsavia il cardinale Marcello
Semeraro, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi,
nella Messa di beatificazione dello stesso primate di Polonia e
di Madre Elzbieta Roza Czacka che, colpita a 22 anni da completa
cecità, dedicò la sua vita ai no vedenti. "Vengono beatificati
insieme. E' come il compimento - ha sottolineato Semeraro - di
un incontro storico, grazie al quale essi si conobbero a Laski
già 95 anni fa, nel 1926. Il giovane sacerdote fu edificato
dalla fede e dalla tenacia di quella donna che, mossa dalla
carità divina, era totalmente dedita a Dio e al prossimo. Ne
nacque una preziosa collaborazione, una condivisione sincera di
intenti e propositi".
Il cardinale Wyszynski è una pietra miliare della storia
della Chiesa della Polonia e strettissimo fu il rapporto con
Karol Wojtyla, il primo papa polacco della storia. Originario di
Zuzela, divenne sacerdote ne 1924, in anni complicatissimi per
il suo Paese e l'intera Europa. Uno dei momenti più drammatici
fu indubbiamente quello della Seconda guerra mondiale e della
eroica e tragica insurrezione di Varsavia del 1944. Wyszynski si
trovava allora nei dintorni della capitale, a Laski, come
cappellano di un Istituto per i non vedenti e dell'Armata
Nazionale. Proprio durante l'insurrezione, ebbe luogo a Laski un
fatto singolare e profetico: il Beato raccolse da terra un
frammento di carta, proveniente dai roghi della capitale in
fiamme, che, già in parte bruciato, riportava una parola:
'Amerai'. Wyszynski fu profondamente colpito da questo fatto e
conformò il suo servizio di pastore e vescovo, a Lublino prima e
poi a Gniezno e Varsavia, affrontando tutte le difficoltà che la
sua Nazione ebbe a soffrire negli anni successivi alla Seconda
guerra mondiale.
In quel periodo politicamente e socialmente complicato, guidò
con coraggio, costanza e decisione la Chiesa in Polonia,
opponendosi, con le parole del Vangelo, "a un'ideologia che
disumanizzava l'uomo e lo allontanava dalla pienezza di vita",
come ha detto oggi il card. Semeraro. Il culmine delle
sofferenze che pagò per questa sua opposizione ai totalitarismi
furono i tre anni di prigione dal 1953 al 1956.
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