(di Manuela Tulli)
Il cartello stradale con
l'indicazione 'katolik kilisesi', chiesa cattolica, porta in un
vicolo stretto e anonimo. L'ingresso è sobrio come quello di una
delle tante case basse nel borgo antico di Antiochia, oggi
Hatay, nell'estremo sud-est della Turchia, al confine con la
Siria. Aleppo dista appena un centinaio di chilometri quando
invece la capitale Istanbul è altre 1.100 km lontana da qui.
E' il convento dei cappuccini, dove vivono nove frati che
arrivano da Italia, Romania, India e Pakistan. E uno dei saloni
della casa è stato sistemato con icone e altare per poter
celebrare la messa. E' intitolata ai santi Pietro e Paolo questa
'casa-chiesa', l'unico luogo di culto cattolico di questa città
turca. Ad Antiochia, dove per la prima volta i discepoli di
Cristo furono appunto chiamati 'cristiani', e dove vissero i due
pilastri della storia della Chiesa, San Pietro, il primo Papa, e
San Paolo, oggi i cattolici sono un centinaio, mentre
complessivamente i cristiani sono poco più di un migliaio in
città, il triplo se si considera tutta la provincia. Quattordici
gli ebrei. Per il resto la cittadina di 1,2 milioni di abitanti
è musulmana. "Ma tra le differenti fedi qui ad Antiochia c'è
sempre stato dialogo e rispetto", dice padre Domenico Bertogli,
86 anni, nato a Modena, ma da 55 anni missionario in Turchia,
che parla con gioia dei "ventisei battesimi" in famiglie non
cristiane che negli ultimi 35 anni, quelli trascorsi appunto ad
Antiochia, ha celebrato. "La convivenza qui c'è sempre stata, è
importante però che il dialogo parta dalla propria identità. Io
dico sempre: questa è la mia fede. Ma senza proporre e imporre
nulla", racconta ai giornalisti al seguito di una missione
dell'Opera Romana Pellegrinaggi, l'ente della diocesi di Roma
che promuove viaggi di fede, che torna in questa zona della
Turchia dopo il blocco degli anni del Covid. Padre Bertogli
mostra con affetto anche un Corano che gli è stato regalato da
una donna musulmana. Nelle messe e le lodi, che si celebrano in
questa "domus ecclesiae", la casa-chiesa, come la chiamano i
frati, i canti e le preghiere spesso si mescolano con l'invito
alla preghiera islamica, cinque volte al giorno, del muezzin che
arriva dal vicino minareto.
D'altronde ad Hatay c'è una antichissima moschea, risalente
al VII secolo, dedicata - forse unico caso al mondo - ad un
'santo' cristiano, Habib-i Nejjar, che secondo la tradizione fu
punito e martirizzato perché cercò di proteggere e nascondere
due discepoli di Cristo arrivati appunto ad Antiochia, Paolo e
Barnaba. L'imam spiega che questo falegname, mestiere che è
indicato nel suo nome turco, è venerato anche dai musulmani
proprio per questo gesto di generosità. E nell'area della
moschea c'è anche una tomba dove si indica che ci sono i resti
di San Paolo e San Giovanni, due 'amici' del mondo dell'islam.
Circostanza che appare però inverosimile e forse più legata ad
una tradizione locale. Più legata alla voglia di mantenere
Antiochia, a duemila anni di distanza, la città aperta a tutte
le religioni.
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