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Libri: il 'cinema fuorilegge' raccontato da due avvocati

Libri: il 'cinema fuorilegge' raccontato da due avvocati

Storie di briganti e brigantesse sul grande schermo in volume di Franco e Di Fresco

PALERMO, 13 aprile 2025, 17:45

Redazione ANSA

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"Non c'è bandito che si rispetti che prima o poi non sia finito sul grande schermo, trasfigurato in eroe da esaltare o mostro da abbattere da registi e sceneggiatori sensibili a quell'impulso ribellistico che da sempre scorre nelle vene del Paese. Le tante pellicole sul brigantaggio meridionale, sul banditismo regionale e sui cani sciolti metropolitani hanno fotografato l'evoluzione del fenomeno criminale alla luce degli straordinari mutamenti sociali ed economici vissuti nella Penisola nell'arco di un secolo o poco più". E' l'opinione di Carmelo Franco e Paolo Di Fresco, avvocati penalisti e cinefili accaniti che hanno scritto un libro intitolato "Il cinema fuorilegge", storie di banditi, briganti e brigantesse, edito da Frascati & Serradifalco (193 pagine, 16 euro). "Secondo i due autori, nell'immaginario collettivo il brigantaggio si è imposto anche grazie ad alcuni elementi ricorrenti quali il controllo del territorio, l'uso della violenza e i legami con il potere, ripresi e sviluppati successivamente dalla mafia", sottolinea nell'introduzione Ivan Scinardo. "D'altra parte, la storia postunitaria del Paese ha coinciso,- osservano i due legali - per lunghi tratti, con la repressione del brigantaggio meridionale e, più in generale, del banditismo regionale nelle sue diverse declinazioni. Briganti come Fra Diavolo, Carmine Crocco, Giuseppe Musolino e, in epoca più recente, Salvatore Giuliano e Renato Vallanzasca - vere e proprie figure archetipiche del bandito moderno, in cui coesistono ribellismo sans cause, confuse istanze di giustizia e violenza efferata - hanno stimolato l'immaginazione di autori tra loro molto distanti, che hanno raccontato il banditismo secondo chiavi di lettura diverse, esaltandone ora la dimensione romantica e avventurosa, ora le implicazioni criminali e socio-politiche". Per Franco e Di Fresco: "Modelli di riferimento di questa concezione romantica del bandito sono due figure immaginarie che, al di là delle diverse coordinate storiche e geografiche in cui si collocano, presentano straordinarie somiglianze: Robin Hood e Zorro". I due autori indagano anche il banditismo al femminile.
    "Durante la feroce repressione del brigantaggio, riviste e giornali sabaudi dedicarono articoli e reportage alle brigantesse, ribattezzandole drude: parola gaelica che in senso dispregiativo indica l'amante libertina, la femmina di malaffare e disonesta. - spiegano - Le donne dei briganti non erano, però, le diavolesse violente di cui favoleggiavano le cronache pruriginose dell'epoca ma donne analfabete, cresciute in un contesto di nera miseria e subalternità sociale, che si davano a una vita brada e clandestina pur di sottrarsi alle spregevoli prevaricazioni degli occupanti".
    "Dall'analisi dei titoli cinematografici proposti dai due autori, emerge chiaramente - chiosa Scinardo - come il brigantaggio abbia trovato nel cinema una sorta di moderno cantastorie: uno strumento straordinario di narrazione capace di offrire nuovi linguaggi e orizzonti di riflessione"
   

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