Nel parco del Forte spagnolo
all'Aquila, un cippo commemora il quarto centenario della prima
salita del Gran Sasso d'Italia (2.912 m s.l.m.), compiuta dal
capitano bolognese Francesco De Marchi e dal cacciatore
Francesco di Assergi insieme a quattro loro compagni. Secondo la
tradizione, infatti, la prima scalata sarebbe avvenuta
nell'agosto del 1573.
Ma una nuova pubblicazione mette in crisi tale certezza:
nell'opera "La prima salita del Gran Sasso. La vera data (1563)"
(Panozzo Editore, 2023, 56 pagine, 12 euro), il professor Carlo
Dolcini, già associato di Storia della filosofia medievale
(Università di Bologna) e ordinario di Storia medievale
(Università di Udine e di Bologna), basandosi su argomenti
paleografici e testuali, suggerisce di retrodatare l'evento di
dieci anni: De Marchi, infatti, avrebbe scalato il Corno Grande
del Gran Sasso nel 1563 e non nel 1573.
L'equivoco, ripreso dalla storiografia anche attuale, sarebbe un
errore dello stesso De Marchi, che, redigendo il resoconto della
scalata, scrisse erroneamente 1573, salvo poi correggere con un
tratto di penna. La tesi del Dolcini porta dunque a riscrivere
la storia di quella prima scalata e a riscoprire l'affascinante
figura del capitano De Marchi, personaggio animato da una
curiosità scientifica tipicamente rinascimentale e autore di
imprese straordinarie come l'immersione nel lago di Nemi con un
rudimentale scafandro, alla ricerca delle enormi navi
dell'imperatore romano Caligola.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA