Nel giorno dell'anniversario
dell'incidente nucleare di Fukushima, la coalizione 100%
Rinnovabili Network, promossa da università e centri di ricerca,
imprese, sindacati, terzo settore, Fondazione per lo sviluppo
sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente e Wwf
Italia, ha sollevato cinque questioni cruciali contro il ritorno
alle centrali nucleari in Italia
In primo luogo, il declino di questa tecnologia: dopo il
picco, circa il 17% della produzione elettrica mondiale,
raggiunto al termine del secolo scorso, è iniziato un trend
discendente, che ha portato il contributo del nucleare a calare
fino al 9,2% nel 2022.
Quindi, i costi molto elevati e i tempi di costruzione
lunghissimi, come dimostrano le esperienze di Flamanville in
Francia, Olkiluoto in Finlandia e Hinkley Point in Gran
Bretagna.
Quarto problema, le centrali nucleari a fissione dell'uranio
generano isotopi altamente radioattivi, con tempi di
dimezzamento della radioattività che, per il plutonio, arrivano
a 24 mila anni. Generano quindi combustibile esaurito, scorie e
rifiuti nucleari pericolosi, difficili e costosi da gestire.
Infine, l'Italia non dispone né di uranio né di impianti di
arricchimento e produzione del combustibile nucleare. Questo è
costoso e andrebbe importato, probabilmente dalla Russia, che
detiene il 38% della capacità globale di conversione dell'uranio
e il 46% della capacità di arricchimento.
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