"Inizia la fase cruciale dei
negoziati per il trattato sulla plastica e i governi devono
agire per tutelare le persone e il pianeta anziché preservare
gli interessi delle aziende dei combustibili fossili e
dell'industria petrolchimica". Così Giuseppe Ungherese,
responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia in
occasione dell'avvio dei negoziati della quinta, e ultima,
sessione del Comitato Intergovernativo di Negoziazione (INC-5),
per definire il futuro della lotta contro l'inquinamento da
plastica.
"Un trattato debole sarebbe un fallimento. Abbiamo bisogno di
un accordo ambizioso e legalmente vincolante per ridurre la
produzione di plastica ed eliminare la plastica monouso, per
proteggere la nostra salute, le nostre comunità, il clima e il
pianeta".
Greenpeace, insieme al movimento Break Free from Plastic, ha
consegnato le firme di oltre due milioni di persone che hanno
sottoscritto la petizione che chiede ai governi di andare oltre
il riciclo come unica soluzione e di impegnarsi a ridurre la
produzione di plastica di almeno il 75% entro il 2040 per
contenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5°C ;
vincolare le grandi multinazionali a vendere sempre più prodotti
sfusi o con packaging riutilizzabile; assicurare che i Paesi
sviluppati guidino una giusta transizione e offrano supporto ai
Paesi in via di sviluppo; dare voce a Popoli Indigeni, comunità
vulnerabili e lavoratori nella progettazione di una transizione
verso un'economia basata sul riuso.
Secondo Greenpeace inoltre, l'Italia sarebbe lontana dal 50%
di riciclo effettivo ed esporta rifiuti plastici, anche in paesi
non dotati di idonee infrastrutture per il riciclo. Nel 2023 il
nostro Paese ha infatti spedito in Turchia 41.580 tonnellate di
plastica - pari a 347 camion al mese - piazzandosi quarta in
Europa, con volumi cento volte superiori al 2013.
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