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Abusata dai rampolli delle cosche, botte da parenti: 'ritratta'

Abusata dai rampolli delle cosche, botte da parenti: 'ritratta'

Aveva denunciato le violenze, presa a frustate da zia e cugino

PALMI, 30 aprile 2025, 19:11

Redazione ANSA

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Abusi da rampolli cosche, violenze familiari per ritrattare - RIPRODUZIONE RISERVATA

Abusi da rampolli cosche, violenze familiari per ritrattare - RIPRODUZIONE RISERVATA

Minacce, molestie e persino frustate con una corda allo scopo di farle ritrattare le dichiarazioni rese ai magistrati della Procura della Repubblica di Palmi sugli abusi sessuali subiti da un gruppo di giovani, tra i quali anche presunti rampolli di cosche di 'ndrangheta del Reggino. E' la sorte toccata, secondo l'accusa, ad una delle due giovani - minorenni all'epoca dei fatti, da gennaio del 2022 a novembre 2023 - violentate dal branco tra Seminara e Castellace di Oppido Mamertina. Una vicenda che ha portato, in primo grado, alla condanna di sei ragazzi a pene variabili da 13 a 5 anni di reclusione e all'assoluzione di altri sette.

La vicenda si è arricchita in questi giorni di ulteriori provvedimenti. Il gip di Palmi, su richiesta della Procura, infatti, ha disposto gli arresti domiciliari per una zia 78enne della giovane e il divieto di avvicinare la parte offesa al figlio 47enne della donna e cugino della vittima. I provvedimenti sono stati notificati, a Castellace di Oppido Mamertina e Scido, da personale del Commissariato di Palmi della Polizia e dai carabinieri delle Stazioni dipendenti dalla Compagnia di Palmi, coadiuvati da un'Unità cinofila della Polizia.

Secondo l'accusa, madre e figlio, per indurre a ritrattare la ragazza - "colpevole" ai loro occhi di avere collaborato con la giustizia - l'hanno sottoposta ad una serie di angherie con reiterate violenze fisiche e verbali, minacce e molestie. In un caso, dopo averla attirata in una vera e propria trappola, i due l'avrebbero anche percossa con una corda usata come una frusta.
A mamma e figlio la Procura di Palmi contesta anche l'aggravante dei motivi abietti, ossia "per odio e risentimento" verso la ragazza a causa della sua collaborazione con gli inquirenti.

Anche l'altra ragazza vittima delle violenze ha dovuto affrontare le conseguenze della sua collaborazione, ma non nell'ambito familiare, che anzi si è stretto a lei, bensì a livello ambientale. La giovane, infatti, è stata costretta a lasciare il suo paese, Seminara, per il clima ostile che si era creato nei confronti suoi e della sua famiglia. Una doppia violenza, prima quella fisica poi quella morale e psicologica, che ha spinto la madre della giovane, nelle scorse settimane, a prendere la decisione di cambiare Comune di residenza. Uno spostamento reso possibile grazie all'interessamento del presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto per l'assegnazione di un alloggio Aterp in un altro Comune del reggino.

La donna ha poi raccontato di non avere avuto alcun aiuto da nessuno in paese, neanche "dal Comune o dalla parrocchia", e che molti le avevano tolto anche il saluto. Parole che hanno trovato una conferma anche nella manifestazione di solidarietà nei confronti della figlia svoltasi il 13 aprile scorso a Seminara con, ha denunciato la donna, "scarsissime presenze locali". 

   

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